
A un mese dall’invasione russa in Ucraina la NATO ha deciso che verranno fornite nuove armi a Kiev. “Gli alleati oggi hanno deciso di fornire più assistenza all’Ucraina, anche dal punto di vista militare. Tra cui si contano armi anti-carro, difese anti-missili e droni, che si sono dimostrati molto efficaci. Gli alleati poi assisteranno l’Ucraina con aiuti finanziari e umanitari”, ha detto il segretario generale Jens Stoltenberg al termine del summit straordinario. Per commentare la situazione e capire il senso di questa mossa è intervenuto in diretta a Ticinonews Vittorio Emanuele Parsi, professore di Relazioni internazionali Università Cattolica di Milano.
Come si può interpretare la decisione della NATO?
“La ragione è molto semplice, ovvero quella di consentire lo spostamento nel tempo il momento in cui la differenza di approvvigionamento tra Russia e Ucraina potrebbe far pendere la bilancia dalla parte dei russi. Non dimentichiamo che il budget della spesa di difesa è il doppio di quello della Russia. Noi quindi abbiamo più stock dei russi. Le duplicazioni di cui si parla sono quelle da cui si può attingere per poter rifornire gli ucraini”.
La presenza di Biden, invece, come la commenta?
“Abbiamo una minaccia comune, per la Nato e per l’Ue. Putin ci ha ricordato da dove viene la minaccia ed è al potere da 23 anni”.
Molti analisti parlano di Putin con le spalle al muro. È vero?
“Putin è dentro la sua narrazione. È dentro la sua visione delle cose e incasella ogni nuova informazione dentro quella cornice. Più la tensione sale più Putin è meno in grado di prendere decisioni da solo. Per porre fine a una guerra bisogna perderla velocemente ma gli ucraini non vogliono perché conoscono il regime del Cremlino e non vogliono tornare sotto il tallone dei russi. Fornire di armi a un paese aggredito è il minimo sindacale della decenza internazionale”.
La minaccia delle armi nucleari è reale?
“Putin parla di questo per spaventare l’opinione pubblica e per creare un’inclinatura nei paesi membri della Nato. Ad ogni modo noi dobbiamo rivedere una strategia sulle armi. La guerra è un male assoluto ma peggio è un’aggressione e peggio ancora di una guerra è perdere una guerra in cui non ti batti o perché non consenti al ferito di battersi. Non si può consegnare il mondo nelle mani di chi è disposto di fare stragi pur di avere potere”.
C’è un’altra superpotenza in gioco che è la Cina che è stata criticata dalla Nato. Cosa ne pensa?
“La Cina non voleva questa guerra, il che non significa che avesse a cuore la libertà degli ucraini ma Putin probabilmente quando è andato in Cina per le olimpiadi ha dato prospettive diverse. In questo momento i cinesi pensano che sostenere Putin sia una scelta giusta, bisogna che iniziano a pensare di bloccare questa cosa. Sono gli unici che possono togliere o dare qualcosa a Putin. Questa guerra ci insegna che fare affari con tutti non è un modo per garantirsi la pace e non ti mette a ripari con i prepotenti. Bisogna ricostruire la globalizzazione avendo legami privilegiati tra i sistemi democratici”.
L’ambasciata russa ha criticato il presidente svizzero Cassis per aver partecipato alla manifestazione a Berna. La neutralità della Svizzera è a rischio?
“Darei una medaglia sul petto al presidente. Non siamo più nel sedicesimo secolo, essere neutrali non significa essere equidistanti tra l’aggredito e l’aggressore o indifferenti rispetto ai principi. I tempi cambiano quindi nel concetto di neutralità non c’è stato nulla che obbligasse ad essere equidistanti e quindi credo che la Svizzera abbia fatto un gran salto di qualità di coraggio e mette gli svizzeri in un orizzonte diverso. Un paese neutrale non è un Paese cinico. Questo è importante”.
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