
È iniziato ieri mattina a Locarno, di fronte alla Corte di appello e di revisione penale, il processo in appello a carico dell’avvocato luganese Xenia Peran, condannata nell'ottobre del 2016 a 24 mesi sospesi per ripetuta appropriazione indebita qualificata e altri reati (vedi articoli suggeriti).
Come ricorderete, il processo di primo grado alle Criminali si era svolto in via contumaciale: l'imputata non si era presentata né alla prima né alla seconda udienza e come giustificazione aveva presentato dei certificati medici che dichiaravano la sua inabilità al lavoro. Assenze ritenute "ingiustificate" dalla Corte. Il procedimento si era concluso con una condannata per ripetuta appropriazione indebita qualificata (per 150'000 franchi), ripetuta sottrazione di cose requisite o sequestrate, ripetuta coazione in parte tentata, ripetute soppressioni di documento e ripetuta diffamazione. Contro questa sentenza, Peran aveva ricorso (senza successo) anche al Tribunale federale chiedendo l’annullamento del processo: una procedura che aveva temporaneamente "congelato" il procedimento in Appello.
Durante il dibattimento di ieri, l’avvocatessa - patrocinata dall’avv. Edy Meli - ha ribadito di non riuscire a trovare un difensore di fiducia in Ticino (nel 2016 aveva tuonato all’indirizzo della sua legale d’ufficio) e ha ritenuto ingiustificata la presenza in aula degli avvocati degli accusatori privati, Mario Postizzi e Massimo Bionda. Non sono inoltre mancate bordate contro il pp Paolo Bordoli, accusato di essere in combutta con i legali dell’accusa per incastrarla, e contro il suo stesso avvocato d'ufficio, Edy Meli, con cui Peran si scontrata più volte.
La presidente della Corte Francesca Verda Chiocchetti ha tuttavia ritenuto legittima la presenza in aula dei legali degli accusatori privati, ma ha sospeso a più riprese il processo a causa delle varie istanze presentate dalla ricorrente (tra cui l'annullamento del processo in primo grado del 2016 e la ricusa del secondo atto d'accusa stilato da Bordoli), tutte respinte dalla Corte. Le questioni pregiudiziali e probatorie sono infine terminate con una serie di richieste ancora senza risposta. Meli ha sottolineato che la conduzione dell'inchiesta da parte dell'accusa "può aver causato il senso che si stia agendo contro di lei senza conformarsi alle regole". Diversi i punti contestati: il non aver mai interrogato due dei tre accusatori privati, il non aver mai fatto un contraddittorio con tutti e tre, assenza di indagini sulla dubba origine del denaro degli accusatori, le prove dell’imputata che sarebbero state sempre rifiutate ma senza motivazione o quasi.
L'avvocatessa luganese, ricordiamo, nel 2009 segnalò agli inquirenti tre suoi assistiti, tra cui Corrado Ferlaino, ex presidente del Napoli calcio, per presunto riciclaggio. L'anno successivo sono stati loro stessi ad accusare Peran di essersi intascata quasi mezzo milione di franchi. Addebiti che lei nega, affermando si trattasse di giroconti nella stessa relazione bancaria resisi necessari da esigenze fiscali. Il tutto si è poi complicato negli anni e a oggi i protagonisti hanno o hanno avuto procedimenti penali in corso (a vario titolo come parte lesa o come imputati) in Svizzera e in Italia legati a questa vicenda.
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