Da alcuni giorni non si parla d'altro in quel di Mendrisio e il tema è stato pure rilanciato da Re Dormiglione che, in occasione del tradizionale scambio di chiavi della città, si è dipinto la faccia di nero. Stiamo parlando della polemica che riguarda il cosiddetto blackface. La Fondazione Processioni Storiche di Mendrisio ha infatti deciso di abolire il trucco facciale dei mori, figuranti presenti nelle rappresentazioni del Giovedì Santo. Una decisione che ha sollevato un vespaio. In un’interrogazione inviata al Municipio, i consiglieri comunali Massimiliano Robbiani e Simona Rossini (Lega) hanno chiesto al comitato di fare un passo indietro, sostenendo che questa decisione è un’offesa alla tradizione. “Le Processioni storiche di Mendrisio sono nate nel 17esimo secolo. È sempre stato fatto così e la storia non si cambia”, sostiene Robbiani ai microfoni di Ticinonews.
Una tradizione vivente che evolve
Di tutt’altro avviso Gabriele Ponti, presidente del Consiglio di Fondazione delle Processioni storiche, secondo cui occorre adattarsi a un presente in cui sussiste una sensibilità condivisa, nel rispetto di tutte le culture. “Le Processioni sono una tradizione radicata nel territorio, proprio per questo la decisione ha sollevato polemiche. Ma vuole essere anche inclusiva e senza barriere. Non abbiamo preso questa decisione a caso, ci sono delle letterature, che abbiamo preso in considerazione. Ci è sembrato il momento giusto per fare questo passo. Le Processioni storiche sono inoltre una tradizione vivente, che è voluta con le civiltà. C'è un filmato “Quando tacciono le campane” del 1938 in cui vengono mostrate le tre Marie con il burqa. Questa è un’evidenza del fatto che in passato la tradizione voleva che le tre Marie fossero impersonate da tre uomini con il burqa. Vogliamo tornare al 1938 con questa evoluzione?”, chiede provocatorio Ponti a chi inneggia allo scandalo per i mori.
Un apporto alla lotta contro il razzismo?
Il tema, insomma, fa discutere. Per questo abbiamo deciso di rivolgerci direttamente alla Commissione cantonale per l’integrazione, partendo da una domanda: una scelta di questo tipo ha un senso dal profilo di sensibilizzazione e apporto alla lotta contro il razzismo? “Se ho letto correttamente le motivazioni della Fondazione, si ricorda che è una tradizione vivente, quindi può essere adattata al contesto attuale”, commenta Michela Trisconi, delegata cantonale all’integrazione degli stranieri. “Però nel dettaglio la Fondazione richiama anche alla tradizione americana del blackface, che risale alla metà del 1800. Era una moda che verteva a rappresentare le persone di colore come persone ignoranti, violente e stupide. Verteva a giustificare la schiavitù e la colonizzazione. È quindi una tradizione dolorosa per chi è afro-discendente e ha un background migratorio. Però non va confusa con tradizioni storiche come quella di Mendrisio, dove in realtà i mori erano aristocratici alla corte di Erode e quindi per rappresentarli si prendevano delle persone bianche e venivano pitturate. Va un po' distinta la tradizione storica dalla moda o dall'altro fenomeno legato alla schiavitù."
Politicamente corretto
È stata quindi una scelta superflua all'insegna del politicamente corretto? “Da storica ho molto rispetto per le tradizioni. Avrei fatto uno sforzo supplementare per coinvolgere attori con trascorsi migratori. Includendo magari dei ragazzi con questo percorso all'interno di una tradizione così antica, avrebbero dato un esempio di apertura e coesione sociale. Oltretutto alcuni mori salgono anche a cavallo. Bisogna avere persone in grado non solo di calarsi nel ruolo, ma avere competenze nel gestire un animale. Chi va ad assumere questo ruolo? Mi auguro che non siano dei bianchi che rappresentino i mori, entreremmo in una contraddizione storica”.