
Altro che spopolamento. È ai piedi del San Gottardo che esperti di vari paesi si sono incontrati per dire che sì: le regioni alpine hanno un futuro. E anche tanto da insegnare di fronte alle sfide ambientali sempre più insidiose. Il professor Andrea Bonoldi le definisce pioniere. “Nella percezione comune le Alpi sono un luogo di conservazione e storicamente considerate arretrate, rispetto ad altre realtà”, ci spiega il professore. “Se invece si analizza il profilo storico”, prosegue, “si scoprono dei saperi radicati sul territorio legati a due elementi: uno è il confronto con un ambiente che ha sempre dato delle sfide ma anche delle risorse che chiedevano delle strategie di sfruttamento peculiari, le quali hanno poi avuto una diffusione importante, ad esempio nell’industria metallurgica, nella trasformazione del legname, in quella energetica o anche nello sviluppo delle infrastrutture. E poi c’è un’altra caratteristica tipicamente alpina, la natura dell’azione collettiva”.
Un’abitudine collettiva
Si tratta di un’abitudine da parte della comunità a risolvere i problemi, proprio come avviene alla Casa della sostenibilità di Airolo, scelta per i 30 anni dell’Associazione Internazionale per la Storia delle Alpi, il cui presidente è lo sloveno Aleksander Panjek. “Le popolazioni, gli uomini, le donne delle Alpi hanno sviluppato delle soluzioni, dei modi di vivere, dei tipi di economia e di comunità utili anche a comprendere ciò che accadeva o accade nelle pianure o nelle grandi città”, ci ha spiegato. Si pensi per l’appunto allo sfruttamento delle risorse, o anche al patrimonio architettonico, al centro di una delle tavole rotonde alla ricerca di soluzioni. E su questo Caterina Franco dell’EPFL non ha dubbi. “Costruire in montagna mette di fronte a certi estremi climatici, topografici, una necessità di riflettere sull’uso delle risorse che è più stringente”. Ma è ancora possibile abitare la montagna? “Questo è uno dei temi che affrontiamo oggi. Io credo di sì, certo che è possibile. Ci sono delle dinamiche che iniziamo a osservare, in diversi punti delle Alpi, di un ritorno alla montagna. Un fenomeno che va studiato per capire se è estendibile o se è solo localizzato ad alcuni punti”.
Approccio interdisciplinare
Il tutto con un approccio interdisciplinare. La montagna, spiegano i nostri interlocutori, non può essere solo un’appendice della città: deve diventare luogo di produzione, di lavoro. Di qui anche un’altra grande sfida sul tavolo: la mobilità, di cui si occupa Margareth Lanzinger. “Non siamo riusciti finora a spostare il traffico merci sui treni, ci sono questi camion, anche il turismo aumenta. Bisogna coinvolgere tutti i piani diversi: locale, regionale, nazionale ma soprattutto internazionale”. La palla ad Airolo è lanciata. Alla politica la scelta se coglierla.