Grigioni
Un CEO al posto del segretario comunale: l’esperimento di St. Moritz passa dal voto
© Shutterstock - Ticinonews
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Redazione
3 giorni fa
Il 28 settembre i cittadini di St. Moritz decideranno se introdurre un manager al posto del segretario comunale e ridurre il numero di consiglieri. "In Svizzera i comuni sono un laboratorio di democrazia", sottolinea il politologo Nenad Stojanović. Ma preoccupa la riduzione del Consiglio comunale.

Il Comune di St. Moritz voterà su un tema decisamente particolare: stando all’Engadiner Post, l’idea è quella di avere un Amministratore delegato (CEO) al posto di un segretario comunale, rendendo la nota località quasi al pari di un’azienda.

Come funzionerebbe

Il nuovo manager sarà alla guida di una direzione composta dai capi dei vari dicasteri comunali. Il nuovo direttore avrà in particolare la responsabilità del controllo finanziario e della gestione del personale, che non saranno più sulle spalle dei municipali. Il sindaco, che avrà un impiego del 50-60%, e gli altri membri, con un 15-20%, si concentreranno invece sull’impronta politica e strategica che viene chiesta agli amministratori eletti. La nuova organizzazione non dovrebbe modificare gli attuali costi.

Parola a un segretario comunale

Ma cosa ne pensano i diretti interessati? Abbiamo contattato Waldo Patocchi, segretario comunale di Avegno-Gordevio, nonché membro del Comitato della Conferenza svizzera dei segretari comunali. “Mi ricordo che negli anni '90 c’era anche in Ticino la discussione di passare da segretario a direttore comunale. Poi si è deciso di rimanere sul tradizionale, perché il segretario è una figura ben definita e preposta”. Per Patocchi l’idea non è quindi da buttare via, “ma non per la funzione di segretario. Bisognerebbe prenderla in considerazione piuttosto per dare finalmente alle autorità politiche lo spazio di pianificazione, di gestione e di programmazione futura del proprio Comune”. Si tratta, dunque, di trovare un modo per far tornare i Municipi degli organi anche politici, e non puramente amministrativi. “Ritengo che, a livello di tutti i Municipi, in media il 90% delle decisioni sono di natura amministrativa. Qui da noi, inoltre, il Municipio lavora in milizia, ma ha sempre meno tempo. Studiare una pianificazione futura o una programmazione di investimenti prende molto tempo, che spesso non c'è. Quindi, automaticamente si lasciano le cose da parte. Ma se si sgravasse il Municipio da queste decisioni potrebbe rivelarsi una soluzione positiva per la gestione politica del Comune”. A portare un risparmio dovrebbe essere un'altra questione: la riduzione del Consiglio comunale da 17 a 11 membri per rispondere alla difficoltà di trovare candidati. I cittadini di St. Moritz dovranno decidere alle urne il 28 settembre prossimo.

L’intervista al politologo

Per approfondire il tema ne abbiamo parlato con il politologo Nenad Stojanović, al quale abbiamo subito chiesto come considera questa idea. “Io penso che la fortuna che abbiamo in Svizzera è che è al pari di un laboratorio di democrazia, proprio perché permette ai Cantoni e poi ai Comuni, come nei Grigioni, un'ampia autonomia. In questo modo possiamo infatti avere delle sperimentazioni che ci permettono di capire se una nuova soluzione funziona all’interno di un Comune. Se funziona lì, ecco che magari anche gli altri Comuni potrebbero adottarla. Va sicuramente tenuto a mente che l’unico indicatore importante da considerare in queste decisioni è il benessere sia del Comune stesso sia dei suoi abitanti. Se un’idea aiuta a rendere più facile la vita ai cittadini e semplifica lo sbrigarsi di certe pratiche, aiutando contemporaneamente il Municipio a sviluppare visioni a lungo termine, allora ben venga questa proposta”,

Non c’è il rischio che un CEO, non eletto dal popolo, finisca per avere più potere dei municipali stessi?
“Certo, ma penso che sia qualcosa che vada valutato prima di dare il via libera a questa soluzione. Lo stesso Consiglio comunale dovrebbe accettare la proposta con un'ampia maggioranza. Sicuramente ci hanno pensato, ma si vede che in quel contesto era la soluzione che gli andava bene. Piuttosto, mi preoccupa maggiormente la diminuzione del numero dei membri del legislativo, ma questo è l'altro tema in votazione”.

I Comuni lamentano carichi amministrativi troppo pesanti. Da questo punto di vista sappiamo che il nostro sistema vige sul concetto della milizia: l'idea di rivedere questo concetto rimane un tabù o bisognerà affrontarlo?
“Sicuramente bisogna affrontarlo. È vero che si trovano sempre meno persone disposte a candidarsi, e lo vediamo anche in Ticino. Bisogna quindi pensare a soluzioni innovative. Nel Canton Svitto alcuni Comuni permettono ai domiciliati di altre località di candidarsi nelle liste comunali, perché oggigiorno la mobilità è alta. Ma si potrebbe anche pensare ad allargare il corpo elettorale rispetto a chi è eleggibile: a St. Moritz ci hanno provato e quattro anni fa avevano una votazione per dare il diritto di voto e di eleggibilità agli stranieri residenti, ma la maggioranza non l'ha voluto. Oppure, terza possibilità su cui lavoro da diversi anni, è quella di usare il metodo di sorteggio: estrarre a sorte cittadini che per un periodo di tempo potrebbero esercitare funzioni nel legislativo. Ma questo necessiterebbe riforme più ampie anche a livello costituzionale”.

Per quanto riguarda quindi la riduzione dei membri del Consiglio comunale, anche in Ticino durante le elezioni comunali viene spesso sottolineato che mancano candidati.
“Sì, è un problema noto e una grande sfida. Bisogna riuscire ad avvicinare la politica ai cittadini, perché constatiamo che sono in pochi a votare regolarmente e ancora meno quelli che si mettono in lista quando ci sono elezioni comunali, cantonali o federali”.

Un consiglio comunale più snello può anche essere più efficiente?
“St. Moritz ha già un legislativo molto snello: sono in 17. Se lo paragono a Comuni ticinesi con più o meno lo stesso numero di abitanti – Ascona e Collina d’Oro – in quei casi i Consigli comunali contano 40-50 persone. St. Moritz ne ha 17 e vuole ridurli a 11: mi sembra che con un numero così ristretto la rappresentatività del legislativo ne soffrirà”.