
“Ci rendiamo conto di cosa sono 178 miliardi di dollari?”, ha iniziato così la sua arringa difensiva l’avvocato Andrea Minesso, che tutela il 66enne italiano sedicente erede dell’ultimo imperatore d’Etiopia Hailé Selassie. “178 miliardi di dollari sono il 10% del PIL della Germania del 2010. È una cifra assurda, inconcepibile, inverosimile. Le vittime hanno mostrato quel minimo di attenzione e quel minimo di prudenza?”, ha detto. La tesi della difesa, insomma, è che perché vi sia truffa serve una tale astuzia che porti a ingannare la vittima nonostante i suoi controlli e le sue attenzioni. Invece, secondo Minesso, di fronte alla promessa di una parte di un patrimonio incredibile, i tre uomini d’affari del Mendrisiotto non abbiano neanche fatto i controlli più basilari. Per questo la difesa ha chiesto l’assoluzione dal reato di truffa per mestiere. Mentre per la falsità in documenti, l'avvocato non ha detto altro, se non che l'imputato non è stato l'autore materiale dei documenti contestati.
"Nessuno mi restituirà la dignità che mi ha insegnato mio nonno"
Le ultime parole, invece, sono toccate all'imputato, che ha parlato dell'ultimo imperatore di Etiopia Hailé Selassie. "Sicuramente da questa situazione, colui che esce con le ossa rotte sono io. Le varie pubblicazioni sono andate in tutto il mondo, le conseguenze sono andate anche su tutta la famiglia. Nessun denaro potrà restituirmi la dignità che mi ha insegnato mio nonno. Se il mio agire in qualche modo ha causato dei danni a questi signori me ne scuso", ha detto alzandosi in piedi.
"I documenti dicono che è un principe"
E la discendenza reale dell’uomo? Così l’avvocato: “. La documentazione ufficiale di un comune italiano, che attesta con sentenza anche di tribunali etiopi la procedura di cambio nome dell’imputato, questo significa che è stata accettata la sua appartenenza alla discendenza della famiglia reale etiope. In occasione dei suoi viaggi in Etiopia è sempre stato trattato come un principe”, ha continuato il legale. Minesso, però, sottolinea come le vittime avrebbero dovuto sospettare le sue presunte origini viste le difficoltà finanziarie in cui spesso versava, di cui parlava apertamente. Difficile credere che l’erede di una famiglia reale non riuscisse a ottenere alcuna linea di credito in tutto il pianeta.
"Sarebbe bastato cercare su internet"
L’avvocato ha poi spiegato come in questa storia, sarebbe bastato andare a cercare su internet, se questi bond tedeschi sarebbero stati incassabili. Quando è iniziata, nel 1997, forse la rete era ancora poco popolata di articoli di questo tipo, ma nel 2007, quando al sedicente principe sono stati versati i primi soldi, si poteva scoprire su internet che nessuno di questi bond sarebbe stato esigibile. E, anzi, documenti d’epoca di questo tipo vengono spesso usati come mezzo di truffa.
"E rivolgersi a un avvocato?"
“La verità è che le vittime avrebbero dovuto comportarsi in modo ben diverso, osservando quelle minime misure di sicurezza, visto il carattere eccezionale di questo caso. Ma perché diavolo non si sono rivolti a nessuno?”, ha detto Minesso. “Dovevano rivolgersi come minimo a un avvocato, subito e non anni dopo”. E Minesso ha aggiunto: “Questa è una vicenda incredibile. È incredibile che questi professionisti ci siano potuti cascare”.
Gli avvertimenti di un figlio
Uno degli uomini che hanno versato milioni al sedicente principe era stato avvertito dal figlio: “Aveva detto a suo padre di piantarla, di non versare più soldi all’imputato”, ha spiegato l’avvocato Minesso. Ma la vittima non ha ascoltato: “Mio figlio è di una generazione diversa”, ha risposto agli inquirenti. La sua idea era che i soldi servivano per continuare a esigere dalla Germania il versamento di 178 miliardi e che i titoli obbligazionari erano basati sull’oro, un oro che non c’era più, ma la Germania avrebbe dovuto risponderne: “È una questione politica”, ha commentato a verbale la stessa vittima.
Le firme di Wolfgang Schäuble
Tra i documenti presentati dal presunto truffatore, vi sono numerosi documenti tedeschi. Dozzine di questi sono firmati dall’ex ministro delle finanze tedesche ed ex cancelliere tedesco Wolfgang Schäuble. Documenti che volevano supportare la storia del sedicente principe. Una semplice ricerca su Wikipedia, però, avrebbe dimostrato come la firma fosse falsa, ha detto l’avvocato difensore.
"A me avrebbe dovuto fruttare 100 milioni"
La vittima che ha versato più soldi, noto imprenditore, ha spiegato durante gli interrogatori i motivi per cui ha creduto il sedicente principe. “Non so cosa dire. L’imputato è sempre stato riconosciuto come una persona importante”, rispose l’uomo alla procuratrice pubblica Chiara Borelli. E quando lei lo incalzò su come potesse immaginare che la Germania avrebbe pagato: “A me questo investimento avrebbe dovuto fruttare più di 100 milioni di franchi”, fu la risposta raccontata oggi dalla difesa.
Più potente della procura
La difesa si è anche concentrata sulle possibilità di svolgere verifiche da parte di questa vittima. Numerosi documenti falsi riportano la firma dell’ex direttore della Banca nazionale tedesca e attuale presidente del CdA di UBS, Axel Weber. Alla procuratrice pubblica Chiara Borelli è servito un fitto scambio di comunicazioni con la banca per ottenere una dichiarazione del diretto interessato sulla falsità di quelle firme. All’imprenditore ticinese, invece, è servita un'email di tre righe per ottenere immediatamente la medesima risposta.
Quante fette bisogna mangiare?
Anche la terza vittima, secondo la difesa, avrebbe avuto gli strumenti per accorgersi della fregatura. Soprattutto per essere stato a lungo direttore di banca. Ma anche lui ha creduto a tutte le bugie dell'imputato e gli ha finanziato i bisogni più assurdi: "Quante fette si devono mangiare per capire che è polenta?", ha chiesto l'avvocato difensore. "Devo ammettere che il guadagno faceva gola", ha detto l'ex bancario in sede di verbale.
Le richieste di soldi
Il sedicente principe negli anni ha addotto le motivazioni più variabili nelle richieste di soldi. Dall'affitto alle bollette del gas. Dalla scuola per le figlie ai bisogni più svariati. In un'occasione, chiedendo 150mila euro a una delle vittime, non ha specificato i motivi della necessità, ma ha scritto: "Per questo accorderò 5 milioni in più di premio", parlando della parte di eredità etiope che sarebbe spettata quando il pagamento dalla Germania sarebbe infine arrivato.
I documenti falsi
I tre uomini, poi, secondo la difesa hanno anche creduto ai documenti presentati dal 66enne nel corso degli anni, quando alcuni erano palesemente falsi. Per esempio alcuni attribuiti alla Deutsche Bundesbank, la banca nazionale tedesca, avevano degli errori ortografici anche nell'intestazione. "Io non posso credere che non si siano posti alcun dubbio", ha detto l'avvocato difensore.