
Erano le due ora svizzera di venerdì 13 giugno quando le prime esplosioni si sono sentite a Teheran. Per poi susseguirsi a Tabriz, e altre città, inclusa Natanz, il principale sito per l’arricchimento dell’uranio su larga scala in Iran. Israele aveva appena lanciato l’operazione denominata Rising Lion. “Un'operazione militare mirata per contrastare la minaccia iraniana alla sopravvivenza stessa di Israele. Abbiamo colpito al cuore il programma di arricchimento nucleare dell'Iran” ha ben presto commentato il Primo Ministro Israeliano Benjamin Netanyahu, aggiungendo che l’offensiva proseguirà finché necessario. Nel frattempo, le forze di difesa israeliane hanno spiegato che si tratta di attacchi effettuati a causa dell’accelerazione del programma nucleare iraniano negli ultimi mesi. Intanto, sono 78 le vittime e oltre 320 i feriti, stando a informazioni fornite nel pomeriggio da media iraniani. Ad essere stati uccisi anche scienziati del programma nucleare e alti ufficiali, tra cui il comandante delle Guardie Rivoluzionarie iraniane. Per aiutarci nell'analisi di quanto sta accadendo siamo collegati con Federica Frediani collaboratrice scientifica dell'USI e capo progetto del Middle East Mediterranean Summit (MEM Summit).
L’intervista
Ieri mattina ci siamo svegliati tutti con la notizia di questo
attacco, Israele ha anche specificato che non si tratta di un'operazione ma di
una vera e propria guerra. Ma era attesa una mossa del genere in questo
momento?
“Era attesa, già da un po' di tempo che Netanyahu ambiva ad attaccare
l'Iran, ma Trump gli aveva chiesto di non attaccarlo direttamente in questo
periodo perché gli USA stavano negoziando con l'Iran un accordo sul nucleare. Quindi
Trump, sebbene con il suo stile non sempre troppo diplomatico, stava comunque portando
avanti un'iniziativa diplomatica per cercare di trovare un accordo con l'Iran.
Per cui aveva chiesto a Netanyahu di pazientare, perciò è già da tempo che
Netanyahu era pronto a sferrare questo attacco, che è stato preparato negli
anni. Non è sicuramente stata una decisione improvvisa”.
Ma perché proprio adesso se era già preparato da anni? Quali
sono le condizioni che hanno fatto sì che si passasse all'azione?
“Le condizioni che hanno dato il via all’attacco sono da ricondurre
al fatto che l'Iran si è indebolito rispetto a qualche tempo fa. Quelli che per
anni sono stati i suoi alleati, ovvero Hezbollah in Libano e Hamas a Gaza – da
noi definiti proxy – sono profondamente indeboliti. Quindi l'Iran si è a sua
volta indebolito internamente a causa dei dissensi all’interno della società. E
questo economicamente a causa non solo delle sanzioni, ma anche dell'inflazione
dilagante. I proxy, essendo più deboli, non possono inoltre intervenire nella
regione contro Israele. L'unico probabile rischio è attualmente rappresentato
da un intervento degli houthi in Yemen”.
L'Iran, seppur indebolito, ha promesso una risposta forte,
immediata e dolorosa per Israele. Si rischia un'escalation o tutto potrebbe
risolversi in poco tempo?
“Questo è un attacco diverso da quello di aprile 2024. È sicuramente
più grave, anche per l'Iran. Bisogna capire quali sono i danni che sono stati
inferti alle strutture nucleari iraniane. Le possibilità di ritorsione sono diverse,
ed è sempre difficile fare una previsione realistica, soprattutto
nell'immediato. Si tratta di capire quali sono le situazioni interne in Iran e
quali sono stati i danni che sono stati arrecati alle strutture. Bisogna anche
ricordare che l'Iran potrebbe decidere di non intervenire in maniera
convenzionale, ma di farlo con attacchi terroristici, magari anche in Europa. Quindi
anche da questo punto di vista bisogna attendere le prossime ore e i prossimi giorni.
Sicuramente è un grave attacco che l'Iran sta subendo, pertanto vorrà rispondere
in qualsiasi modo, facendo vedere che pur essendo debole ha la possibilità di reagire
e rispondere a Israele. Anche perché le ragioni interne non sono solo
riguardanti la politica interna nazionale”.
Israele sostiene di essere intervenuto come attacco preventivo
contro il programma nucleare iraniano che rappresentava una grave minaccia e tra
gli obiettivi colpiti figura proprio il sito di arricchimento dell'uranio di
Natanz. Proprio ieri il Consiglio dei governatori dell'agenzia internazionale per
l'energia atomica ha adottato questa risoluzione che condanna l'Iran per mancato rispetto dei suoi obblighi
nucleari. Potrebbe essere dunque una strategia per impedire che l'Iran abbia
delle armi nucleari?
“Sicuramente l'Israele – ma non solo – non ha alcun interesse
che l'Iran acquisisca un'arma nucleare. Anche questo weekend l'inviato speciale
degli Stati Uniti Steve Witkoff doveva recarsi in Oman per avere questi
negoziati indiretti con l'Iran sull’accordo sul nucleare. Perciò, Israele non
ha sicuramente interesse che l'Iran abbia un'arma nucleare, come non hanno
interesse nemmeno altri attori della regione, compresa l'Arabia Saudita e in
primis gli Stati Uniti. Questo accordo sul nucleare era quindi volto a
rallentare, o comunque porre delle condizioni, per rallentare lo sviluppo
dell'arma nucleare. Chiaramente lo stile di negoziazione di Trump non è stato uno
stile prettamente diplomatico, ma che ha anche imposto anche delle condizioni
che sono state recepite dall'Iran come irricevibili”.