Lavoro
Mercato del lavoro ticinese sotto stress: baby boomer in pensione e pochi giovani a sostituirli
©Gabriele Putzu
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Redazione
3 giorni fa
A rivelarlo è l’ultima analisi pubblicata dall’Ufficio di statistica (USTAT), che attraverso due indicatori – l’indice di sostituzione e l’indice di sostituzione stretto – fotografa un crescente squilibrio tra chi esce e chi entra nel mondo del lavoro.

Il Ticino si trova di fronte a una sfida demografica sempre più pressante: il pensionamento imminente della generazione dei baby boomer rischia di mettere in crisi il mercato del lavoro cantonale. A rivelarlo è l’ultima analisi pubblicata dall’Ufficio di statistica (USTAT), che attraverso due indicatori – l’indice di sostituzione e l’indice di sostituzione stretto – fotografa un crescente squilibrio tra chi esce e chi entra nel mondo del lavoro. Nel 2023, per ogni 100 persone tra i 15 e i 39 anni, il Ticino contava 136 individui tra i 40 e i 64 anni, ben al di sopra della media nazionale (112). L'indice di sostituzione ha così raggiunto il valore più elevato tra i cantoni svizzeri, riflettendo l’invecchiamento marcato della forza lavoro. Ancora più preoccupante è l’indice di sostituzione stretto, che misura in modo più mirato il rapporto tra chi andrà in pensione nei prossimi dieci anni e chi è entrato nel mercato del lavoro nell’ultimo decennio: passato da 97 nel 2012 a 125 nel 2022, segnala un numero di uscite superiore a quello dei nuovi ingressi.

Secondario sotto pressione, terziario in crescita

Particolarmente critico è il settore secondario, dove l’indice stretto è balzato da 102 a 190 tra il 2012 e il 2022. In alcuni comparti, come l’edilizia e l’ingegneria civile, l’indice ha raggiunto addirittura quota 327. Anche se il settore ha registrato un leggero calo occupazionale, questi dati indicano un forte rischio di carenza di personale qualificato nel breve-medio termine. Al contrario, comparti come la chimico-farmaceutica hanno visto una crescita occupazionale (+29,4%) e un indice stabile (da 95 a 100), dimostrando una maggiore capacità di rinnovamento interno. Il terziario ha conosciuto una crescita occupazionale del +22,2% in dieci anni, con un aumento più contenuto dell’indice stretto (da 95 a 112). Tuttavia, in settori come sanità, assistenza sociale e informatica, si stanno manifestando difficoltà sempre maggiori nel reperire personale qualificato, anche in presenza di un ricambio generazionale più equilibrato. In questi ambiti, il problema non è tanto l’età degli addetti, quanto il divario tra competenze richieste e offerte.

Il ruolo dei frontalieri e i nuovi limiti del modello

Finora, il Ticino ha potuto contare sulla manodopera frontaliera per attenuare la pressione demografica. Ma questo modello mostra segni di stanchezza. Le difficoltà demografiche sono sempre più condivise anche oltreconfine e la recente riforma fiscale sull’imposizione dei frontalieri – che introduce un doppio prelievo, in Svizzera e in Italia – potrebbe ridurre ulteriormente l’attrattività del lavoro transfrontaliero.

Uno squilibrio da affrontare con urgenza

Secondo l’USTAT, l’indice stretto fornisce uno strumento prezioso per comprendere le tendenze, ma non basta da solo a delineare un quadro completo del rischio di carenza di manodopera. È fondamentale integrare l’analisi con dati sui fabbisogni di competenze, l’andamento settoriale e le dinamiche migratorie. L’ufficio conclude evidenziando la necessità di monitorare attentamente l’evoluzione della struttura occupazionale, promuovere politiche di formazione mirate e favorire un mercato del lavoro capace di adattarsi a una transizione demografica ormai in atto.