Ticino
Tassa sulla salute per i frontalieri: “Risposta generica e fumosa del Governo, ma è un segnale politico”
Redazione
3 mesi fa
Andrea Puglia, vice-segretario cantonale Ocsts, commenta la risposta del Consiglio federale a un’interpellanza a Fabio Regazzi, secondo cui la tassa sulla salute per i frontalieri non violerebbe l’accordo del 2020 se venisse considerata come tassa causale.

La risposta del Consiglio federale in merito alla tassa sulla salute per i frontalieri “ha poco peso, è una non risposta assolutamente generica e fumosa. Tuttavia è un segnale politico di quello che possiamo leggere tra le righe, ossia che la Svizzera tiene aperta la porta per il Governo italiano di discutere di come si potrebbe applicare una norma affinché non vada effettivamente in contrasto con gli accordi bilaterali”.  Così Andrea Puglia, vice-segretario cantonale Ocst, si esprime sulla posizione del Consiglio federale, secondo cui la tassa sanitaria non violerebbe l’accordo del 2020 sui frontalieri se venisse impostata come una tassa causale. Lo ha scritto nero su bianco rispondendo a un’interpellanza di Fabio Regazzi (Centro/TI).

Tassa causale vs imposta

Nel testo il Governo pone l’accento sulla differenza tra tassa causale e imposta, con la prima che sarebbe più ammissibile rispetto all’altra. Ma qual è la differenza? “La tassa causale è un contributo che io pago per avere diritto ad una controprestazione specifica”, risponde Puglia. “Da questa definizione capiamo che la tassa sulla salute, che il Governo italiano vorrebbe imporre ai frontalieri, non è a nostro avviso definibile come una tassa causale proprio perché il frontaliere non avrebbe diritto a qualche controprestazione in più rispetto a quanto già garantito dalla Costituzione italiana, che prevede il diritto alle cure per tutti".

Rendere meno attrattivo il mercato svizzero

La legge è stata varata dal Governo italiano, ma non è ancora applicabile, ricorda Puglia. Tuttavia ha un obiettivo ben specifico. “Gli importi sono scritti nella legge, che prevede un “range” che definisce un tetto minimo e uno massimo: dai 30 euro mensili ai 200 euro mensili. Il vero senso di questa norma, pensata dall'Italia in modo unilaterale, è quello di avere più risorse per alimentare il servizio sanitario nazionale e diminuire l’attrazione del mercato svizzero verso il personale medico di confine. Con questi soldi, soprattutto Regione Lombardia vorrebbe alzare i salari”. Per l’Ocst, tuttavia, questa misura è inefficace: “Per rendere meno trattivo il mercato svizzero agli occhi del personale medico di confine non basta alzare loro gli stipendi di 200 euro al mese, come vorrebbe fare il governo italiano, ma bisognerebbe alzare stipendi parecchio di più”. Il sindacato teme poi un effetto boomerang, con le cifre dei frontalieri in calo. “A nostro avviso si rischia un effetto boomerang perché questo rallentamento nell'assunzione di frontalieri riguarda quei profili ad alto valore aggiunto che ad oggi talvolta mancano nel nostro mercato del lavoro”.