
"Incasseremo centinaia di miliardi di dollari in dazi e diventeremo così ricchi che non saprete dove spendere tutti quei soldi". Parola del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Lo ha ribadito ancora di recente in un’intervista a Fox News. Nel mirino ora c'è anche la Svizzera: domenica abbiamo scoperto di essere finiti nella lista Usa dei paesi con, citiamo, "pratiche commerciali sleali". Lo ha confermato Helene Budliger Artieda, direttrice della Segreteria di Stato dell'economia, in un'intervista a CH-Media. Di "sleale", in ottica statunitense, c'è la bilancia commerciale, che pende a nostro favore: nel 2023, la Svizzera ha esportato verso gli Stati Uniti prodotti per 52 miliardi di dollari e ne ha importati per soli 28.
Timori dall'Europa
Con il 60% dei prodotti totali, a farla da padrone nell’export è il settore farmaceutico. Quest'ultimo è tuttavia preoccupato soprattutto dalle ripercussioni degli annunciati dazi di Trump verso l’Unione europea. "Il vero problema, come successo nel 2018, si presenterà se l'Europa imporrà dazi verso tutti gli Stati terzi e la Svizzera rischia di essere considerata Stato terzo", osserva a Ticinonews Piero Poli, presidente di Farma Industria Ticino. "Credo però che la nostra politica sia sufficientemente proattiva nel cercare di evitare questa problematica, come fece già in passato".
Merci più care verso l'Ue?
Anche Stefano Modenini è preoccupato principalmente per le conseguenze che questi dazi possono avere sugli Stati europei e quindi sulla Svizzera e il Ticino. "Se come promesso, da aprile gli americani applicheranno dei dazi verso tutti i prodotti che vengono esportati dall'Ue, allora sì che potremmo avere dei problemi", commenta il direttore dell'Associazione industrie ticinesi (Aiti). "Noi siamo fornitori delle aziende europee: se c'è un rincaro dei prezzi, questo ci potrebbe coinvolgere, finendo per aumentare il prezzo dei prodotti svizzeri che esportiamo in quell'area".
Il fattore dollaro forte
In ogni caso, dazi statunitensi sulle nostre esportazioni non sarebbero ben visti dall'economia svizzera. Ma la Confederazione ha dei margini per negoziare eventuali esenzioni o può solo adattarsi a quello che succede nell'Ue? "Dall'anno scorso noi non applichiamo dazi ai prodotti industriali e farmaceutici importati. Da quel lato, nei confronti degli Usa siamo quindi in una posizione migliore rispetto ai paesi europei". Il direttore di Aiti invita però a tenere conto anche di un altro aspetto: "Se gli Stati Uniti applicano una politica indiscriminata di dazi, rischieranno di avere una rivalutazione del dollaro nei confronti della Svizzera. Pur con un rincaro dato dai dazi, in questo modo le esportazioni svizzere verso gli Usa diventerebbero un po' meno esose. Non dico che non dobbiamo preoccuparci, ma dei dazi americani potrebbero essere in parte attenuati dai valori di cambio tra il franco e il dollaro".
L'importanza dei negoziatori
Stefano Modenini è quindi moderatamente ottimista. "Abbiamo delle carte da giocare, ma dobbiamo anche avere dei negoziatori che sappiano giocarle bene. È inutile nasconderci: la politica si basa su rapporti di forza e più noi saremo abili nel negoziare, tanto più eviteremo le preoccupazioni più negative". La domanda è quindi d'obbligo: la Svizzera dispone di questi negoziatori? "La nostra diplomazia è stata sempre abbastanza efficace, anche a livello economico", risponde Modenini. "Noi però non credo che risponderemmo a dazi americani con una politica dei contro dazi. Se non faremo questo, dovremo però essere abili nel far capire alla controparte americana che non è intelligente applicare delle restrizioni eccessive nei nostri confronti".