Ticino
Stazioni di servizio, ecco le prime chiusure
Redazione
3 anni fa
Gli shops, soprattutto quelli situati nelle zone di confine, iniziano ad avvertire i contraccolpi dell’attuale situazione difficile. Ticinonews ha interpellato in proposito il presidente dell’Associazione ticinese delle stazioni di servizio Matteo Centonze

I distributori di benzina del Mendrisiotto sono in crisi. I primi contraccolpi di questi lunghi mesi di prezzi alle stelle da un lato e di concorrenza da parte delle stazioni italiane dall’altra stanno cominciando a farsi sentire. Alcuni shops hanno chiuso, altri stanno facendo ricorso in maniera estensiva al lavoro ridotto. Ticinonews ne ha parlato con Matteo Centonze, presidente dell’Associazione ticinese delle stazioni di servizio.

“Quello che avevamo preannunciato si sta realizzando. I tagli italiani stanno diventando strutturali, si rischiano sicuramente dei ridimensionamenti strategici. Alcuni gruppi hanno nuovamente fatto richiesta per il lavoro ridotto e queste richieste non sono ancora state accolte. Se queste misure non verranno accolte dovranno essere prese delle decisioni dure”.

C’è già chi ha chiuso o ridimensionato?

“Ci sono singoli punti vendita che sono stati chiusi, altri sono stati girati in automatico. Alcuni hanno ridimensionato i turni e stanno facendo girare il personale per far lavorare tutti. Ognuno sta cercando di tenere il personale per evitare il peggio”.

Che cosa si dovrebbe fare? A Berna si continua a esercitare pressione

“Bisognerebbe adattarsi a quello che hanno fatto i paesi confinanti: se il tuo vicino sbaglia, devi sbagliare anche tu, purtroppo in una situazione del genere non puoi permetterti di non farlo, perché si crea una distorsione di mercato. Noi dovremmo fare un taglio sulle accise per allinearci nuovamente al livello italiano. Berna non ci sente, diciamo che i nostri processi sono anche lunghi e complessi in Svizzera, siamo una democrazia diretta. È chiaro che adesso il Governo non vuole entrare nel gioco delle misure continue a sostegno dell’economia”.

Ci si muove anche a livello internazionale: l’Opec ha deciso di aumentare di 100'000 barili la produzione di petrolio. Servono a qualcosa questi tentativi?

“Sicuramente ci sarà un aumento dei volumi produttivi, ma dal punto di vista delle quotazioni del greggio la situazione rimarrà pressoché invariata. I mercati sono troppo insicuri, le catene di approvvigionamento devono essere riviste completamente dopo la crisi in Ucraina e questo è un processo che prenderà anni”.

Ma il problema è davvero nella guerra in Ucraina?

“Il greggio era già salito durante il Covid perché i paesi produttori avevano ridotto le quantità. Poi è chiaro che il conflitto in Ucraina ha preso tutti di sorpresa, sia i paesi produttori sia i mercati, quindi i due fattori insieme hanno creato una veloce salita dei prezzi”.

Oggi si sta spingendo molto sui veicoli elettrici: nel breve futuro, chi oggi eroga petrolio alle pompe di benzina è destinato a scomparire?

“Io credo più in una riconversione: con le colonnine rapide si stanno facendo dei grossi passi in avanti. La svolta energetica elettrica è ancora tutta da vedere, in quanto l’Europa non è autarca nella produzione di elettricità, dipende dall’importazione di altre materie prime per produrre elettricità e quindi questo autunno verremo messi a dura prova. Sarà un po’ uno stress test per vedere in che direzione si andrà nei prossimi 10 anni”.

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