Ticino
Stanchezza pandemica: “Non c’è ‘la’ soluzione”
Redazione
4 anni fa
Marina Lang, psicologa della polizia cantonale, dà alcuni consigli su come affrontare questo periodo: “Cercare i colpevoli ci rende deboli e diminuisce le nostre risorse. Serve un senso sociale collettivo”

I contagi sono in rialzo e il virus è tutto tranne che vinto. Una situazione che pesa non solo sugli ospedali e sul personale sanitario, ma anche sulla popolazione. Se lo scorso anno si aveva la percezione che il vaccino potesse rappresentare una sorta di punto di svolta, ora sembra di essere tornati di nuovo ai piedi della scala, con una nuova variante che ha scompigliato le carte in tavola e che ha portato a nuove restrizioni. E la stanchezza comincia a farsi sentire. I colleghi di Ticinonews hanno chiesto a Marina Lang, psicologa della polizia cantonale e già membro della task force psicologica del Cantone, come affrontare questo momento difficile.

“Abbiamo avuto tutti a un certo momento quest’illusione di una risoluzione definitiva, la cosiddetta luce al fondo al tunnel”, spiega la psicologa. “Ci si rende conto adesso che questa è una visione un po’ illusoria e ci può far male. In quest’ottica il messaggio che forse è più opportuno trasmettere e più aderente anche alla realtà è di entrare in una dimensione più fluttuante, che avrà una durata incerta, ma avrà anche una fine. Sappiamo, storicamente, che le pandemie finiscono, ma se riuscissimo a spostarci psicologicamente dall’idea della Soluzione ed entrare nella dimensione dello stare e dell’imparare a fluttuare, rafforzeremmo le nostre capacità adattative, imparando a nuotare in questo contesto”.

Se durante le precedenti ondate la responsabilità veniva spesso data ai non vaccinati, ora che anche l’efficacia dei vaccini sembra in dubbio - almeno per i contagi e con l’emergenza della variante Omicron - il tutto sembra ancora più difficile da sopportare: “Uno dei meccanismi psicologici che abbiamo tutti”, spiega Lang, “è quello di trovare il colpevole. Spostare la responabilità su qualcuno ci fa stare meglio. Anche in questo caso trovo che un pensiero, un’azione che va fatta è di ricordarci che al fronte abbiamo il virus. Questo dovrebbe permetterci di allinearci e sviluppare un senso sociale collettivo, togliendo la tentazione di aprire delle lotte interne e cercare categorie da incolpare. Questo ci rende deboli e diminuisce le nostre risorse”.

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