
Quello di Fontana, in Val Bavona, è un Paese che non c'è più. Non ci sono più diverse case, spazzate via in un soffio dalla furia della natura. I prati sono stati ricoperti da una distesa infinita di massi, alcuni sono grandi come palazzi. Non c'è più neanche la strada per scendere a valle, così come la sorgente che alimentava l'acquedotto di Cevio. È in questo paese che ieri, a piedi, siamo riusciti ad arrivare risalendo parte della Val Bavona. Lì abbiamo incontrato Michele Dalessi, che con la voce spezzata dal pianto ci ha raccontato come ha vissuto la notte tra sabato 29 e domenica 30 giugno e come, da quel momento, la sua vita è cambiata.
"Mia moglie gridava, non ho osato dirle di stare tranquilla"
"Qui", mostra Michele puntando con il dito un'abitazione, "era la mia casa. Purtroppo non è più abitabile. Quella notte (sabato ndr), mi sono svegliato all'1:30 e ho sentito un forte rumore. Ho visto quella che potrebbe essere una pioggia di asteroidi: erano i massi che stavano cadendo a valle. Ho visto il rustico sotto casa mia sparire, era stato colpito da un grande masso. Mia moglie gridava, come logico che fosse, ma non ho osato dirle di restare tranquilla. Le ho detto di stare in casa, perché se fossimo usciti saremmo morti. È stato un qualcosa di inimmaginabile, se non ci fosse stata questa collina (parla indicando con la mano la collina dietro casa), non saremmo qui".
"Ora ho paura"
Adesso Michele ci dice che prima di tutto deve stare vicino a sua moglie, a suo figlio e a suo nipote. "Devo sistemare delle cose burocratiche e poi si vedrà il da farsi, adesso è difficile dire qualcosa. Vede com'è la situazione, come si fa a pensare di ricostruire e tornare alla situazione di prima? In più c'è un altro aspetto: io sono temerario e solitamente non ho paura, ma ora sì. Adesso ho paura". Michele è strettamente legato a Fontana, in quel paese della Val Bavona è nato e cresciuto. Ce lo racconta indicandoci i suoi insediamenti. "Lì una volta era tutto bosco, ma ho pulito l'area in modo da avere un po' di prato", racconta indicandoci il terreno sotto la sua abitazione. "Proprio settimana scorsa mio nipote era lì sotto a pulire il prato, mi ha chiesto se potevamo fare l'orto. Era felice e contento. Ma ora non c'è più nulla, non si può fare più nulla".
Il pino che ha salvato la vita di Fabiano
Camminando per quel che resta di Fontana si notano i fiori, adagiati su un tronco, che vogliono ricordare le tre cittadine tedesche decedute a seguito della frana. Ma a Fontana c'è anche un pino, con una storia particolare, che ha salvato la vita di Fabiano Balli. "Ho avuto fortuna, perché questo pino non sarebbe resistito ad alcuni blocchi, ma è andata bene. Questo albero è stato piantato da mio nonno nel 1959, quando è nato mio padre. Lo volevamo tagliare e alla fine ha salvato la baracca. Questo è un segnale, ci ha salvato la vita".