
La Guardia di Finanza di Verbania ha scoperto una presunta maxi evasione fiscale da oltre duecento milioni di euro di fatture false, finte compensazioni Iva, più di due milioni di tasse evase. I militari hanno dato seguito un decreto di sequestro preventivo disposto dal gip Beatrice Alesci bloccando beni per 2'235’000, sei immobili, altrettanti terreni, il contante depositato su 52 conti correnti, otto auto, le quote di nove società, quattro orologi di valore e un’imbarcazione sono i beni sequestrati tra le province del Vco, di Treviso, Monza-Brianza, Como, Venezia, Milano, Torino e Biella.
Al centro dell’indagine condotta dal sostituto procuratore di Verbania Fabrizio Argentieri ci sono 34 persone. Figura centrale è un imprenditore verbanese fittiziamente residente in Svizzera e operante nel settore della compravendita dei metalli ferrosi, collegato a un avvocato milanese già agli arresti domiciliari per bancarotta fraudolenta e a una terza persona pluripregiudicata. Gli ultimi due, si legge in una nota della Guardia di Finanza, "erano le menti del complesso sistema che fruiva di una serie di ditte fittizie – 35 con sede in Italia, 2 in Svizzera e 3 in Repubblica ceca – cosiddette cartiere, che producevano cioè fatture per operazioni inesistenti e che non dichiaravano al fisco". Lo scopo di queste fatture era abbattere l’imponibile Iva e far risparmiare all’imprenditore che, in cambio, garantivano agli amministratori delle società cartiere qualche migliaia di euro al mese, dopo aver riversato agli ideatori della frode il denaro su conti esteri di comodo.
L'indagine è scattata da un controllo sull’imprenditore verbanese, che per la sua società acquistava consistenti partite di metalli (oltre quattro milioni in tre anni) da una società di Milano che faceva capo a una persona deceduta da 19 anni. I finanzieri hanno acquisito diverso materiale probatorio, comprese delle intercettazioni nelle quali due degli indagati ammettono gli illeciti. Emblematica la frase “…se mi chiama il magistrato dico che sono fruttivendolo e che non mi occupo affatto di materiali ferrosi…” registrata dagli inquirenti.
Da noi contattato il colonnello Giuseppe Di Tullio, comandante della Guardia di Finanza di Verbania, ha confermato che tra le 34 persone indagate l’unico (fittiziamente) residente in Ticino - a Locarno e in seguito a Chiasso - è l’imprenditore verbanese. A lui sono riconducibili le due società di comodo elvetiche con sede pure loro dapprima nel Locarnese e poi a Chiasso.
“La loro attività avrebbe dovuto riguardare il commercio all’ingrosso di materiale ferroso e servizi di pubblicità - ha spiegato il colonnello Di Tullio - Avrebbero dovuto movimentare merci ma dagli accertamenti è emerso che mancavano i relativi documenti, da qui il sospetto che fossero operazioni fittizie”. Sospetto confermato da una semplice ricerca in Google Maps: “All’indirizzo delle due società risultavano infatti esserci due palazzine e non un deposito necessario al commercio all’ingrosso”.
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