Ticino
Se a crollare è un bene del Cantone
La masseria di Vigino nella primavera 2020. © CdT/Gabriele Putzu
La masseria di Vigino nella primavera 2020. © CdT/Gabriele Putzu
Daniele Coroneo
3 anni fa
Da anni si cerca un investitore che dia un futuro alla masseria di Vigino, bene culturale tutelato. E negli scorsi giorni il Municipio di Castel San Pietro ha richiamato alle proprie responsabilità il proprietario: il Cantone

Non si possono valicare le transenne che circondano la masseria di Vigino, situata nel territorio di Castel San Pietro: non ci si può infatti permettere che qualcuno gironzoli all’interno dell’edificio pericolante, o di quanto ne resta, rischiando di farsi male.

Tuttavia la masseria, oggi in rovina, è un bene culturale riconosciuto dal Cantone, che ne è pure proprietario, assieme ai terreni agricoli circostanti. E qui sta il nocciolo della questione: perché il Cantone negli ultimi anni – almeno ufficialmente – ha tentato di preservare questa storica testimonianza del Mendrisiotto rurale, cercando degli investitori che la valorizzassero. Dopo un primo concorso di architettura indetto nel 2013 (che aveva partorito un progetto con finalità turistiche, poi abbandonato per mancanza di fondi), Ente regionale di sviluppo e Comune di Castel San Pietro avevano individuato nel 2018 un privato della zona interessato ad acquistare e a recuperare la masseria, istituendo una fondazione di diritto pubblico.

In zona Cesarini
Qualcosa è però andato storto. “A cinque minuti dalla mezzanotte, con il progetto già pronto per la presentazione della domanda edilizia, il Cantone ha cambiato le carte in tavola, chiedendo per la cessione dell’area non più il franco simbolico inizialmente promesso, ma 800mila franchi”, spiega a Ticinonews la sindaca di Castel San Pietro Alessia Ponti.

Una raccomandata
Non poco per quello che ora è soprattutto un rudere e che per essere risanato necessiterebbe di un ulteriore investimento plurimilionario. In questo stato e senza acquirenti interessati all’orizzonte, la masseria di Vigino sembra destinata a un’inesorabile fine: una situazione inaccettabile per il Municipio di Castel San Pietro, che un paio di settimane fa ha così preso carta e penna, scrivendo una raccomandata all’indirizzo del Consiglio di Stato. “Vogliamo che il Cantone si assuma le proprie responsabilità”, dichiara senza mezzi termini la capa dell’Esecutivo momò. Dopotutto, la masseria “è un bene di sua proprietà, per di più tutelato come bene culturale. Il Cantone pretende dai privati cittadini il decoro delle loro strutture, ma egli stesso non si occupa dei propri beni”, denuncia Ponti. Anche perché lo stato della masseria si è aggravato negli scorsi mesi: “Lo scorso inverno il tetto è caduto e ormai la parte Ovest dell’edificio è distrutta”. Si sono quindi rivelati insufficienti i lavori puntuali di manutenzione ordinati dal Cantone, che negli ultimi cinque anni ha speso almeno 360mila franchi per mantenere in piedi lo stabile e per garantirne la sicurezza.

Nelle mani del Comune?
La ricerca di un investitore è ufficialmente ancora aperta. Con il 55% di moltiplicatore, il più basso in Ticino, Castel San Pietro è notoriamente forte sul piano finanziario. Sorge quindi legittima una domanda: non conviene che il Comune stesso si faccia promotore dell’acquisizione dell’area? “Ma il solo acquisto sarebbe inutile”, risponde Alessia Ponti. “Dovremmo anche ristrutturare l’edificio e questo comporterebbe un impegno finanziario non indifferente”. Uno spiraglio resta comunque aperto: “Il nostro Comune è sicuramente interessato a questo manufatto. Tuttavia, un discorso di questo tipo dovrebbe trovare il favore della maggioranza della popolazione e del Consiglio comunale. E al momento, comunque, questo rimane un impegno che esula dalle nostre competenze”.

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