Ticino
Rsi, l’ultimo giorno di Maurizio Canetta
Marco Jäggli
4 anni fa
Da domani il direttore della radiotelevisione di Comano lascia l’incarico. A Teleticino ha raccontato cosa si prova ad andare in pensione dopo oltre 40 anni all’interno dell’azienda: “Il momento più difficile? Quando sembrava passasse la No Billag”

Dopo 40 anni in Rsi, Maurizio Canetta lascia l’incarico di direttore della radiotelevisione di Comano, dove da domani subentrerà Mario Timbal. Dopo aver cominciato nel 1980 con un praticantato alla redazione del Tg, allora a Zurigo, Canetta è in seguito diventato redattore, presentatore, capoedizione e corrispondente da Palazzo federale per lo stesso telegiornale, di cui diventerà responsabile nel 2000, per un tratto anche produttore della Domenica Sportiva. Sarà poi responsabile di Falò dal 2007, dal 2010 della cultura, dal 2012 dell’informazione per poi prendere le redini dell’azienda nel 2014. Sacha Dalcol di Teleticino lo ha intervistato per sapere cosa si provi ad andare in pensione dopo questo lungo percorso, ripercorrendo anche i molti momenti difficili che ha dovuto affrontare durante la sua direzione.

Ultimo giorno da direttore alla RSI, da domani si volta pagina. Che sensazioni hai provato?
“Ho provato sensazioni miste. Da un lato da pensionato vado alla conquista del tempo, anche se la pensione ufficiale sarà in luglio. Dall’altro c’è la malinconia perché in quarant’anni, citando Ligabue, ho messo via un sacco di cose ma mettere via la Rsi è qualcosa di molto complicato, tra persone, ricordi, saluti ed emozioni. È una giornata molto densa”.

Qual è stato il momento più felice della tua carriera?
“I sette anni di direzione del telegiornale sono stati la felicità perché sai... fai lo stagista al tg, cominci a lavorare con i monumenti dell’epoca, Balmelli, Barino e Costantini, e poi dopo un po’ di anni sei tu il caporedattore. E cominciai nell’autunno del 2001, con le torri gemelle, Zugo, la Swissair, l’incendio del San Gottardo. Tutti fatti tosti e pesanti in cui senti la responsabilità di gestire una delle trasmissioni più forti della televisione”.

Abbiamo visto un estratto di un tuo telegiornale del 1985, in cui annunciavi l’ascesa di Gorbachev al Cremlino. Cosa ricordi di quel periodo? Cosa significava fare informazione, contando anche che fino all’88 eravate a Zurigo?
“Naturalmente è una vita, perché con quel tono e con quel modo quasi lento, che oggi sarebbe intollerabile, annunciavo un momento epocale della storia. Si aprì l’era della Glasnost con tutto quello che è seguito fino alla caduta del Muro di Berlino. Significava anche essere una delle poche fonti in immagine perché non c’erano le alternative di oggi: la gente quindi guardava il Telegiornale e scopriva quella che probabilmente era una delle notizie del mattino. Abbiamo cominciato dicendo ‘Gorbachev è il nuovo leader’ mentre oggi dovremmo cominciare dicendo ‘Il mondo si interroga sulla nomina di Gorbachev. Chi è e come hanno reagito le grandi capitali?’. È un altro modo di raccontare rispetto al tono un po’ ieratico e trattenuto della conduzione di allora.

Passiamo agli ultimi anni: da direttore hai affrontato diverse situazioni con casi anche difficili, dai licenziamenti alla “No Billag” fino alle recenti accuse di molestie. Anche personalmente, qual è stato il momento più difficile da affrontare?
“È stata una direzione difficile. Questa mattina nel messaggio che ho mandato a colleghi e colleghe sul nostro Intranet ho detto ‘non ho vissuto la crisi del settimo anno perché tutti i sette anni sono stati di difficoltà e di crisi. Periodo tosto quindi, evidentemente ci sono stati dei momenti difficili, con la famosa “solitudine del capo”, ho commesso degli errori e ho avuto delle difficoltà. Quella partita me la gioco con la mia coscienza, compagno affidabile ed esigente. Il momento più difficile devo dire è stato il penultimo sondaggio sulla ‘No Billag’ dove sembrava che in Ticino il fosse tra il 50 e il 49%, con la possibilità che l’iniziativa passasse in Ticino. Sarebbe stato un colpo durissimo per la RSI, poi si è dimostrato un sondaggio senza grande valore, questo grazie alla gente che ha partecipato a quel voto che era per il servizio pubblico. RadioTicino, Teleticino e Radio3i erano quindi coinvolte ma era chiaro che la Rsi era l’elemento centrale della discussione”.

Ogni mattina, puntualmente, sforni una rassegna delle notizie più importanti sui social, chiamata “Per mattinieri”. Continuerai o andrai letteralmente in pensione?
“No, sai che i giornalisti come tanti altri mestieri non vanno in pensione. Io lì mi diverto e mi appassiono, mi alzo presto e sfoglio giornali e siti componendo con questa piccola rassegna stampa su diversi social. Quindi continuerà ed è un impegno quotidiano che diventerà quasi un lavoro”.

Significa che hai intenzione di essere presente sotto altre forme, sempre dal punto di vista giornalistico?
“Questa è una cosa che mi piace e mi appassiona. L’ho detto prima: vado alla conquista del tempo, il che significa fare cose che ti piace fare, doveri inclusi, ma farle con i tuoi ritmi, le tue scelte e le tue volontà e questo sarà il bello”.

C’è un augurio che ti senti di fare al nuovo direttore che entrerà in carica?
“Banalmente di buon lavoro, ma soprattutto l’augurio di sapere che dentro quell’azienda ci sono dei valori fortissimi, delle persone e un’umanità che ha voglia di spendersi sul lavoro. L’augurio e far sì che il pubblico colga questi elementi”.

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