Ticino
Ridotto il divieto d'entrata a uno degli imputati di "Muscle Car"
Ridotto il divieto d'entrata a uno degli imputati di "Muscle Car"
Ridotto il divieto d'entrata a uno degli imputati di "Muscle Car"
Redazione
6 anni fa
Il TAF ha parzialmente accolto il ricorso di un cittadino italiano. Aveva trovato lavoro in Ticino ma rischia di dovervi rinunciare

Il Tribunale amministrativo federale (TAF) ha ridotto la durata del divieto d’entrata in Svizzera pronunciato a carico di uno degli otto imputati del processo “Muscle Car”, già definito "il più grande giro di auto rubate mai visto in Ticino" (vedi articoli suggeriti). L’uomo, un cittadino italiano, era stato condannato il 23 febbraio 2015 dalla Corte delle assise criminali di Lugano a una pena detentiva di due anni e sei mesi parzialmente per i reati di ricettazione qualificata e ripetuta falsità in documenti. La pena era stata in seguito ridotta a due anni sospesi il 4 aprile 2016 dalla Corte di appello e di revisione penale (CARP), la cui sentenza era cresciuta in giudicato incontestata, secondo cui l'uomo aveva agito soltanto per dolo eventuale.

Venuta a conoscenza di questa condanna, il 5 settembre 2016 la Segreteria di Stato della migrazione (SEM) aveva pronunciato l'allontanamento del ricorrente dal territorio della Svizzera e del Liechtenstein per la durata di dieci anni, ossia fino al 4 settembre 2026, ritenendo che i comportamenti incriminati costituissero una minaccia per l'ordine e la sicurezza pubblici ai sensi della legislazione federale sugli stranieri.

L’8 maggio 2017 l’uomo, patrocinato dall’ avv. Laura Cansani, aveva adito il TAF, chiedendo in via principale la revoca del divieto d'entrata e, in via subordinata, la sua riduzione a un anno al massimo. Il ricorso aveva beneficiato dell'effetto sospensivo

Il ricorso ha avuto buon esito e giudici sangallesi gli hanno dato parzialmente ragione, riducendone la durata a 4 anni. Secondo la Corte federale il ricorrente - che nel frattempo ha sottoscritto un contratto di lavoro con un'azienda in Ticino, in qualità di "consulente del personale", già valido a partire dal 18 aprile 2017 - può sì far valere un interesse privato a recarsi in Ticino per esercitare la sua attività professionale ma la gravità degli atti compiuti (la ripetuta ricettazione di automobili, con le corrispondenti falsificazioni di documenti) fa sì che l’interesse pubblico al suo allontanamento prevalga in definitiva su quello privato.

Tuttavia, si legge nella sentenza del 4 febbraio scorso pubblicata ieri, la durata del divieto d'entrata fissata a dieci anni dalla SEM è stata ritenuta sproporzionata e ridotta a quattro anni. “In concreto occorre tenere presente che, sebbene i reati commessi dal ricorrente siano oggettivamente gravi, come mostrato in precedenza, i suoi ultimi atti illegali risalgono a più di quattro anni fa – ha argomentato la Corte - In quest'ottica, dato il tempo trascorso, più o meno lungo, e tenuto conto che il ricorrente non ha commesso nuove infrazioni dopo la condanna inflittagli il 4 aprile 2016, si deve riconoscere che la minaccia che egli rappresenta per l'ordine e la sicurezza pubblici non raggiunge più un livello di gravità sufficiente ad emanare un divieto d'entrata di durata superiore a cinque anni”.

Considerato però che il divieto d'entrata in sé è confermato e che il ricorrente non potrà più entrare in Svizzera fino al 4 settembre 2020, quest'ultimo potrà essere costretto a lasciare il suo nuovo posto di lavoro. Da qui, stando a nostre informazioni, la decisione di ricorrere al Tribunale federale (TF), che potrebbe restituire l’effetto sospensivo.

(Sentenza F-2643/2017 del 4 febbraio 2019) 

nic

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