
“Commemoriamo perché non vogliamo dimenticare”. Così Ignazio Cassis a inizio del suo messaggio in occasione della Giornata della Memoria. Oggi, esattamente 77 anni fa, il 27 gennaio 1945, le truppe dell’Armata Rossa arrivarono al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau e liberarono i superstiti. I prigionieri del campo di concentramento di Buchenwald dovettero invece resistere ancora 11 settimane. Uno di questi è Fishel Rabinowicz, un uomo straordinario che il Presidente Cassis ha conosciuto personalmente qualche giorno fa in Ticino.
Arte come espressione del ricordo
Fishel Rabinowicz ha 97 anni ed è uno degli ultimi superstiti dell’Olocausto che vivono in Svizzera. Nato nel 1924 in Polonia, è stato deportato nel 1941 in diversi campi di lavoro forzato e di concentramento dove trascorse quattro anni della sua vita. I suoi genitori e sette dei suoi nove fratelli non sono sopravvissuti all’Olocausto. Al momento della sua liberazione Rabinowicz pesava meno di 30 chili, ma è sopravvissuto. Il giovane Rabinowicz giunse in Svizzera nel 1947. Dopo una permanenza al sanatorio di Davos iniziò un apprendistato, si sposò e si trasferì in Ticino. Da sempre artista pieno di talento, dopo il suo pensionamento iniziò a trasporre la sua biografia in immagini grafiche. “Le mie opere devono servire a non farci dimenticare mai quello che è successo”, dice spiegando la sua passione. Negli anni ha creato 50 opere d’arte, un impressionante approccio visivo con l’ebraismo e la Shoah.
Non dobbiamo mai dimenticare
Vedere le sue opere e ascoltare di persona l’incredibile storia della sua vita – racconta Cassis – “mi ha profondamente toccato”. Possiamo ancora ascoltare queste testimonianze di sopravvissuti. Possiamo ancora incontrarli, stringere loro la mano e sederci accanto a loro. “Sono voci fioche che ci parlano. Ma quello che hanno da dire è importante – forse più importante che mai. Spetta a noi conservare le loro parole”, sottolinea. Lo scrittore italiano e sopravvissuto all’Olocausto Primo Levi ribadiva: “Meditate che questo è stato: / vi comando queste parole. / Scolpitele nel vostro cuore / stando in casa andando per via / coricandovi, alzandovi. / Ripetetele ai vostri figli.”
Una responsabilità comune
Quando commemoriamo l’Olocausto, lo facciamo per le milioni di persone che non sono sopravvissute. Lo facciamo però anche per i superstiti. “Lo facciamo per noi”, spiega il Presidente. “Solo se capiamo come qualcosa è potuta accadere, possiamo prevenire simili atrocità in futuro. Le generazioni nate dopo la guerra non sono responsabili dell’Olocausto. Ma abbiamo la grande responsabilità di ricordare e di fare tutto il possibile perché la storia non si ripeta”, sostiene. “Abbiamo la responsabilità di batterci contro l’antisemitismo, il razzismo, l’odio, la violenza e il totalitarismo”, aggiunge.
La pluralità come bene supremo
Per Cassis però non si può commemorare l’Olocausto senza trasmettere informazioni e sapere – soprattutto, ma non unicamente, nelle scuole. “Negli ultimi anni sono stati compiuti notevoli progressi nel settore della tecnologia dell’informazione che permettono di raggiungere anche i giovani per interessarli alla storia dell’Olocausto e alle testimonianze dei sopravvissuti”, spiega. Inoltre, aggiunge, al Consiglio federale “sta molto a cuore la creazione in Svizzera di un luogo commemorativo delle vittime del nazionalsocialismo”. Durante l’Olocausto sono state uccise milioni di persone – ebrei, Sinti, Rom, disabili, omosessuali. I loro sogni e le loro speranze sono stati spenti nel nome di un’ideologia disumana che non tollera la pluralità. “Una pluralità che però è proprio la nostra forza”, afferma. Spetta a tutti noi “fare del nostro meglio” per curare questa pluralità e “difenderla in qualsiasi circostanza”. Tutti dobbiamo sempre “schierarci dalla parte di coloro che non possono difendersi – per un mondo libero, democratico e basato sullo Stato di diritto”, conclude.
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