
Ha suscitato reazioni l’annuncio di ieri del DECS dell’introduzione dall’anno scolastico 2026/27 del tedesco già in prima media. Questo a scapito di un’ora di francese, recuperata in seconda, e dell’ora di religione. A questo proposito è intervenuto l’Ufficio istruzione religiosa scolastica, che ha voluto precisare come l'ora di religione non scomparirà in prima media. “Ci sarà regolarmente”, puntualizza il direttore don Emanuele Di Marco. “Semplicemente si tratterà di organizzare in modo diverso questa novità, che parte comunque da settembre 2026”.
La nuova organizzazione però prevede religione fuori dalla griglia classica, quindi in ore periferiche come il pranzo o dopo scuola…
“Sì, è lo statuto delle lezioni facoltative. Bisognerà trovare delle soluzioni con le direzioni. C'è già un tavolo di lavoro e sarà anche un'opportunità. Siamo stati coinvolti già sin d'ora per trovare delle soluzioni legate proprio alle singole scuole. Non dimentichiamo che alcune hanno problemi di trasporto, altre di mensa. Si tratterà di studiare quali sono le soluzioni per questo nuovo panorama”.
Nel bilancio di quest'anno scolastico c’è stato un 40% di frequentazione dell'ora di religione. Finendo fuori griglia non temete che ci saranno meno allievi che frequenteranno il corso?
“L'introduzione della dell'ora di tedesco riguarda tutti gli allievi, non è un cambiamento che riguarda solo gli allievi di religione. Confidiamo che quella fiducia che viene data dai docenti e dai ragazzi che frequentano possa essere rinnovata anche con il nuovo modello. E soprattutto ci auguriamo che questa collaborazione con le sedi abbia come risultato delle soluzioni che siano accettabili anche per le famiglie. C’è comunque soddisfazione per i numeri per quello che è il contesto contemporaneo. Numeri che ci spingono a lavorare e a impegnarci per fare bene”.
Lei conclude il suo primo anno alla guida dell'istruzione a scuola della religione. Qual è il suo personale bilancio?
“Sicuramente è un cantiere aperto. C'è tanto da fare. Sono davvero grato a tutte le persone che ho potuto incontrare, ai docenti e alle famiglie, ma anche alle istituzioni. Devo dire che sono molto colpito da come si può fare del bene per il nostro Ticino. È un'ora confessionale, è vero, ma che rettamente intesa può essere inserita anche in un programma più ampio. L'ora di religione può essere una risorsa per il nostro Cantone, per i ragazzi che vanno a scuola e per le famiglie che danno questa fiducia.
Quali sono le sfide più importanti che vi trovate avanti, oltre a trovare un posto a lato della griglia oraria?
“Ci sono degli aspetti organizzativi, che sono quelli delle griglie, del tenere i contatti con i docenti. Sicuramente quello della formazione dei docenti, quindi una formazione base ma anche continua che sia adatta ai tempi. Poi c'è anche una promozione di un corso che spesso ha questa impressione di essere qualcosa fuori dal tempo. Si pensa che sia ancora catechismo, che si facciano contenuti legati a un'esperienza di fede, quando invece, anche se un'ora confessionale, è un'ora che di per sé è disponibile e aperta a tutti. Perché? Perché aiuta a interpretare le nostre tradizioni, il nostro territorio, quindi è qualcosa di molto coinvolgente".