
“A me piace la bellezza della decadenza. Ci sono posti più decadenti di altri e in generale preferisco quelli. Mi affascina in particolare la natura che riprende i suoi spazi: quando le pareti iniziano a scrostarsi, sono l’acqua e la natura che tornano a essere padrone, una natura che riprende la sua rivincita dopo che noi le abbiamo rubato territorio”. Si intitola “Quel che resta” il libro di immagini di Chiara Zocchetti, fotografa del Corriere del Ticino e le cui immagini sono pubblicate regolarmente anche su questo sito. Il volume, edito da Fontana Edizioni, raccoglie scatti d’arte che ritraggono luoghi abbandonati in giro per il mondo e verso i quali Chiara prova una forte fascinazione.
Un ritmo più intimo
Scatti di luoghi immobili, fermi nel tempo, in cui è spesso il silenzio a dominare. Una bella differenza con l’attività quotidiana di una fotografa di cronaca: “Il mio lavoro è solitamente frenetico”, spiega Chiara Zocchetti. “Bisogna lavorare di fretta, cogliere l’attimo, spedire subito le foto appena finito di scattare. Nei luoghi abbandonati, invece, è tutto l’opposto: io arrivo, mi guardo in giro, trovo l’ispirazione, mi prendo il mio tempo e vivo il momento”. Un ritmo più riflessivo che meglio si confà alla personalità della fotografa: “Io sono sempre a contatto con la gente. In quei luoghi non c’è invece nessuno: il non-stare in mezzo alla massa è più vicino alla mia natura. Un momento bello, in cui riesco a rilassarmi e a non pensare a nient’altro”.
Timore svanito
Entrare in grandi stabili abbandonati, tuttavia, potrebbe suscitare una certa “strizza” in molte persone... Una sensazione che è stata provata anche da Chiara, ma che con il tempo è andata scemando: “È vero che, soprattutto nelle periferie delle grandi città, sono entrata in edifici abitati da clochard o clandestini. Lì un rischio effettivamente ci può essere, ma non entro mai da sola. La paura, dopo tutti questi anni, è quasi sparita”.
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