Ticino
Processo Stm: parla Pasquale Pistorio
Redazione
17 anni fa
L'audizione dell'ex direttore generale della Stm ha rappresentato il momento clou del quinto giorno di processo

Mantello scuro, cappello nero, un' aria distinta, quasi fosse uscito dalla Sicilia del Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Pasquale Pistorio è arrivato a Lugano con puntalità. Verso le 14.30 il vice-presdiente di Confindustria ha varcato le porte di palazzo della giustizia per portare la sua testimonianza al processo iniziato mercoledì scorso di fronte alla corte delle assise criminali di Lugano presieduta dalla giudice Agnese Balestra Bianchi. A chiedere la sua presenza in aula, la difesa dei quattro imputati alla sbarra per la truffa milionaria ai danni della sua ex azienda: la Stm. Una multinazionale da 10 miliardi di euro e con 50mila dipendenti, ha puntualizzato con un linguaggio forbito Pistorio. Una società i cui sistemi di controllo hanno però fatto cilecca, per dirla con la giudice Balestra Bianchi, riferendosi alla cresta sui cambi del suo ex tesoriere e braccio destro Pietro Paolo Mosconi: 28 milioni di franchi accumulati dal 98 fino al 2005. Somma finita al 90% nelle tasche di Mosconi, il resto in quelle dell'avvocato Aldo Ferrini, dell'ex dirigente del Credit suisse Marino di Pietro e del fiduciario luganese Francesco Doninelli. "Come è potuto succedere", ha chiesto la giudice". "Segno che il meccanismo truffaldino - ha riposto lapidario Pistorio - è stato talmente sofisticato da eludere i controlli. Controlli che definisco rigorosi, sofisticati e avanzati, suddivisi in quattro livelli". E il meccanismo della truffa era davvero sofisticato: solo in certe operazioni di cambio venivano aggiunti un paio di centesimi e solo sulle ultime cifre della somma da investire. Una quantità infinitamente piccola che pian piano ha creato la voragine. Quando ha preso posto, Pistorio non ha neppure lanciato un'occhiata al suo ex braccio destro: eppure "godeva di tutta la mia fiducia". "I rapporti che ci legavano - ha spiegato - erano leali e solo di natura professionale". In aula oggi non sono mancate le schermaglie tra difesa e la giudice Balestra Bianchi. "Lei mi sembra l'unico membro della Corte che non mi capisce" è sbottato ad un certo momento l'avvocato Luigi Mattei, secondo il quale la giudice gli avrebbe impedito di interrogare il teste così come prevedeva la sua scaletta. "Se non ritira queste parole - gli ha risposto secco Balestra Bianchi - il processo si ferma qui". "Ritiro, ma lei mi deve far finire il ragionamento", ha ribattuto il legale di Ferrini. Crisi rientrata. Ma c'è da scommettere che quella di oggi, non sarà l'unica scintilla del processo. [email protected]

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