Musica
Peter Hince, una vita al fianco dei Queen. "Fortunato di essere stato con loro in tante situazioni"
Samuele Quadri
14 ore fa
Una vita al fianco dei Queen e di Freddie Mercury. Peter Hince è stato il roadie della band britannica per 11 anni conoscendone storie e segreti. Da domani all'Asilo Ciani sarà allestita una mostra delle sue fotografie con protagonista una delle più grandi band del rock mondiale.

Dal 3 luglio fino al 24 agosto all'Asilo Ciani sarà allestita una mostra fotografica di Peter Hince dedicata ai Queen. Non solo fotografo perché l'artista britannico ha svolto il ruolo di roadie per i Queen. Hince, ai microfoni di Ticinonews, ha raccontato la sua particolare vita e alcuni aneddoti sui Queen e Freddie Mercury. 

L'intervista

Com'è nato il rapporto con i Queen?
"Li ho conosciuti molti anni fa. Nel 1973 stavo lavorando con i Mott The Hoople, un gruppo associato a David Bowie. I Queen erano il gruppo di supporto e nessuno li aveva mai sentiti. Un giorno ci siamo incontrati per le prove. Nessuno conosceva Freddie Mercury, ma era già una star. Nelle prove stava recitando come se ci fossero 100’000 di persone di fronte a lui. Tutti dicevano che non sarebbero andati da nessuna parte. Un anno e mezzo più tardi lavoravo per loro a tempo pieno, un rapporto durato 11 anni fino al loro ultimo concerto nel 1986. Sa, ci siamo incontrati nel posto giusto, nel momento giusto. Era il mio lavoro e lo facevo per vivere".

Che rapporto avevi con Freddie Mercury?
"Era un professionista. A volte era una persona difficile, ma solo perché voleva il meglio. Il suo mentore gli diceva che doveva fare le cose al meglio, altrimenti doveva lasciare perdere. Dato che voleva il meglio, lo domandava anche agli altri. Ha alzato l’asticella di tutti attorno a lui. Avevamo un rapporto stretto. Ci fidavamo a vicenda. Lavorava molto duramente ed era molto focalizzato su quello che faceva".

Lui com'era nel privato?
"Nel privato era molto tranquillo. Stava a casa, guardava la televisione con il suo gatto o con i suoi amici. È come se fosse due persone in un corpo solo. Freddie Mercury era un personaggio che lui stesso ha inventato. Lo metteva in mostra sul palco quando faceva il macho e giocava con le persone. La pressione era enorme quando i Queen erano la band più famosa al mondo. Qualche volte arrivava da me dicendomi ‘oggi non voglio essere Freddie Mercury, voglio solo essere me stesso’. Sì, era due persone diverse".

Ha qualche aneddoto particolare da raccontare su Freddie?
"Ho diverse storie su Freddie. Le ho raccolte tutte nel mio libro. A volte poteva non essere ragionevole, ma solo per un breve momento. Una volta avevamo uno show in America in una piccola città da 10'000 abitanti. Dopo lo spettacolo non era felice. Non sapevamo perché, forse aveva problemi sentimentali. Poco dopo ha parlato col tour manager. ‘Hai visto le persone in prima fila? Sono tutte brutte e grasse. Non le voglio ai miei concerti. Il tour manager ha ascoltato e ha fatto dei casting per i concerti, ma 20 minuti più tardi era acqua passata. Questa era uno di quegli aspetti fuori di testa per cui diventava pazzo. Io ho poi guardato. Aveva ragione: erano tutti brutti e grassi. Creava canzoni dal nulla. Eravamo appena rientrati a Londra. Lui stava facendo un bagno e stava scrivendo una canzone. ho sentito che stava facendo rumori strani e mi ha chiesto di portargli una chitarra. Ne ho presa una, la stavo accordando, ma lui me l’ha strappata dalle mani. Ha fatto gli accordi: D, C, G. È andato poi diretto in studio con John e Roger. È così che è stata scritta Crazy Little Thing Called Love. È difficile immaginarlo. Era un genio. È stato un privilegio essere lì mentre faceva queste cose. Anche Bohemian Rhapsody. Era una canzone molto complessa e lunga. Gli ho chiesto: ‘Freddie cosa stai facendo?’ e lui mi ha risposto ‘Cose, cose’. Le sue canzoni erano personali. La sua visione comprendeva anche l’intrattenimento per dare alle persone il meglio possibile. Dopo alcuni anni, per esempio, il suo look è cambiato: dai capelli lunghi del glam rock ai famosi baffi con capelli corti e l’aspetto da macho. Quando si è fatto crescere i moustache non tutti i fan hanno apprezzato. In America gli avevano lanciato i rasoi sul palco".

Qual è il ricordo più bello che ha dei Queen?
"Sono stato fortunato di essere stato con loro in tante situazioni. I Queen sono stati la prima band ad esibirsi in Sud America ed era molto complicato, politicamente e finanziariamente. Siamo stati in Argentina e in Brasile e abbiamo suonato fuori dagli stadi. È stato un successo enorme. Quando sei sul lato del palco, vedi Freddie e di fronte a lui 100'000 persone, è bello vedere l’energia che si genera. Un altro momento fantastico è stato il LiveAid. In giornata eravamo molto stressati perché sapevamo che ogni band doveva lascia spazio velocemente alle altre. Quando sono saliti sul palco e ho visto la reazione dell’audience è stato molto bello. La gente diceva che è stata la miglior performance rock di sempre, solo per quei 20 minuti. Freddie è stato incredibile quel giorno".

Qual è la sua canzone preferita?
"La mia canzone preferita? È molto difficile, sono troppe. Forse le direi Somebody to Love perché è una grande canzone registrata, ma penso sia di gran meglio live. Ha molta più energia e potenza. Ce ne sono tante, è difficile scegliere. Anche Freddie diceva che preferiva Somebody to Love ed era la miglior canzone scritta, addirittura meglio di Bohemian Rapsody".

...e la sua foto?
"La migliore foto che ho fatto? Ce ne sono diverse durante le esibizioni. Ma ce n’è una. Ritrae Freddie con il suo giacchetto in pelle e ha una birra in mano. Era una famosa birra di Monaco di Baviera, la Augustiner. Eravamo negli studi di registrazione e v oleva una foto in cui sembrava duro e cattivo. C’era questo muro un po’ sporco e lui indossava il giacchetto e teneva la birra. Era in posa, ma poi si è distratto un attimo e si è perso nei suoi pensieri. Io ho colto il momento e ho scattato la foto. Era una foto sempre da macho, ma lo ritraeva più vulnerabile".