
Dal 3 luglio fino al 24 agosto all'Asilo Ciani sarà allestita una mostra fotografica di Peter Hince dedicata ai Queen. Non solo fotografo perché l'artista britannico ha svolto il ruolo di roadie per i Queen. Hince, ai microfoni di Ticinonews, ha raccontato la sua particolare vita e alcuni aneddoti sui Queen e Freddie Mercury.
L'intervista
Com'è nato il rapporto con i Queen?
"Li ho
conosciuti molti anni fa. Nel 1973 stavo lavorando con i Mott The Hoople, un
gruppo associato a David Bowie. I Queen erano il gruppo di supporto e nessuno
li aveva mai sentiti. Un giorno ci siamo incontrati per le prove. Nessuno conosceva
Freddie Mercury, ma era già una star. Nelle prove stava recitando come se ci
fossero 100’000 di persone di fronte a lui. Tutti dicevano che non sarebbero
andati da nessuna parte. Un anno e mezzo più tardi lavoravo per loro a tempo
pieno, un rapporto durato 11 anni fino al loro ultimo concerto nel 1986. Sa, ci
siamo incontrati nel posto giusto, nel momento giusto. Era il mio lavoro e lo
facevo per vivere".
Che rapporto avevi con Freddie Mercury?
"Era un
professionista. A volte era una persona difficile, ma solo perché voleva il meglio.
Il suo mentore gli diceva che doveva fare le cose al meglio, altrimenti doveva
lasciare perdere. Dato che voleva il meglio, lo domandava anche agli altri. Ha
alzato l’asticella di tutti attorno a lui. Avevamo un rapporto stretto. Ci
fidavamo a vicenda. Lavorava molto duramente ed era molto focalizzato su quello
che faceva".
Lui com'era nel privato?
"Nel privato
era molto tranquillo. Stava a casa, guardava la televisione con il suo gatto o
con i suoi amici. È come se fosse due persone in un corpo solo. Freddie Mercury
era un personaggio che lui stesso ha inventato. Lo metteva in mostra sul palco quando
faceva il macho e giocava con le persone. La pressione era enorme quando i Queen
erano la band più famosa al mondo. Qualche volte arrivava da me dicendomi ‘oggi
non voglio essere Freddie Mercury, voglio solo essere me stesso’. Sì, era due
persone diverse".
Ha qualche aneddoto particolare da raccontare su Freddie?
"Ho diverse
storie su Freddie. Le ho raccolte tutte nel mio libro. A volte poteva non
essere ragionevole, ma solo per un breve momento. Una volta avevamo uno show in
America in una piccola città da 10'000 abitanti. Dopo lo spettacolo non era
felice. Non sapevamo perché, forse aveva problemi sentimentali. Poco dopo ha parlato
col tour manager. ‘Hai visto le persone in prima fila? Sono tutte brutte e grasse.
Non le voglio ai miei concerti. Il tour manager ha ascoltato e ha fatto dei
casting per i concerti, ma 20 minuti più tardi era acqua passata. Questa era uno
di quegli aspetti fuori di testa per cui diventava pazzo. Io ho poi guardato. Aveva
ragione: erano tutti brutti e grassi. Creava canzoni dal nulla. Eravamo appena
rientrati a Londra. Lui stava facendo un bagno e stava scrivendo una canzone. ho
sentito che stava facendo rumori strani e mi ha chiesto di portargli una
chitarra. Ne ho presa una, la stavo accordando, ma lui me l’ha strappata dalle
mani. Ha fatto gli accordi: D, C, G. È andato poi diretto in studio con John e
Roger. È così che è stata scritta Crazy Little Thing Called Love. È difficile
immaginarlo. Era un genio. È stato un privilegio essere lì mentre faceva queste
cose. Anche Bohemian Rhapsody. Era una canzone molto complessa e lunga. Gli ho
chiesto: ‘Freddie cosa stai facendo?’ e lui mi ha risposto ‘Cose, cose’. Le sue
canzoni erano personali. La sua visione comprendeva anche l’intrattenimento per
dare alle persone il meglio possibile. Dopo alcuni anni, per esempio, il suo
look è cambiato: dai capelli lunghi del glam rock ai famosi baffi con capelli
corti e l’aspetto da macho. Quando si è fatto crescere i moustache non tutti i
fan hanno apprezzato. In America gli avevano lanciato i rasoi sul palco".
Qual è il ricordo più bello che ha dei Queen?
"Sono stato
fortunato di essere stato con loro in tante situazioni. I Queen sono stati la
prima band ad esibirsi in Sud America ed era molto complicato, politicamente e finanziariamente.
Siamo stati in Argentina e in Brasile e abbiamo suonato fuori dagli stadi. È
stato un successo enorme. Quando sei sul lato del palco, vedi Freddie e di
fronte a lui 100'000 persone, è bello vedere l’energia che si genera. Un altro momento
fantastico è stato il LiveAid. In giornata eravamo molto stressati perché
sapevamo che ogni band doveva lascia spazio velocemente alle altre. Quando sono
saliti sul palco e ho visto la reazione dell’audience è stato molto bello. La
gente diceva che è stata la miglior performance rock di sempre, solo per quei 20
minuti. Freddie è stato incredibile quel giorno".
Qual è la sua canzone preferita?
"La mia canzone
preferita? È molto difficile, sono troppe. Forse le direi Somebody to Love
perché è una grande canzone registrata, ma penso sia di gran meglio live. Ha molta
più energia e potenza. Ce ne sono tante, è difficile scegliere. Anche Freddie
diceva che preferiva Somebody to Love ed era la miglior canzone scritta, addirittura
meglio di Bohemian Rapsody".
...e la sua foto?
"La migliore
foto che ho fatto? Ce ne sono diverse durante le esibizioni. Ma ce n’è una. Ritrae
Freddie con il suo giacchetto in pelle e ha una birra in mano. Era una famosa
birra di Monaco di Baviera, la Augustiner. Eravamo negli studi di registrazione
e v oleva una foto in cui sembrava duro e cattivo. C’era questo muro un po’
sporco e lui indossava il giacchetto e teneva la birra. Era in posa, ma poi si
è distratto un attimo e si è perso nei suoi pensieri. Io ho colto il momento e
ho scattato la foto. Era una foto sempre da macho, ma lo ritraeva più
vulnerabile".