
La peste suina ha toccato regioni del Nord Italia come Piemonte e Liguria, avvicinandosi al Ticino. Per questo motivo le autorità cantonali hanno deciso di rafforzare la sensibilizzazione e invitato la popolazione a osservare le misure di prevenzione per evitare di importare la malattia. Malattia che dal 2007 “ha iniziato a espandersi, dapprima nei suini domestici e poi in quelli selvatici” spiega il veterinario cantonale Luca Bacciarini a Ticinonews. Per quanto riguarda le nazioni più vicine a noi “nel 2020 sono stati riscontrati i primi casi in Germania, mentre a gennaio di quest’anno è stato appunto segnalato un focolaio, che è più o meno stabilizzato, al confine tra Liguria e Piemonte”.
Che cosa fare
Per scongiurare il rischio che la malattia si diffonda, è consigliabile adottare alcuni comportamenti virtuosi. “Prima di tutto, se ci rechiamo in zone dove il virus è presente, dobbiamo evitare di entrare in contatto con cinghiali o suini, proprio per un motivo precauzionale”, riprende Bacciarini. “Secondo punto: non dobbiamo portarci a casa alimenti di origine animale. Anche altri tipi di prodotti lavorati possono infatti contenere una percentuale di carne di suino”. Infine “non dobbiamo disperdere nell’ambiente nessuno scarto di quello che potrebbe essere un alimento a base di carne. Se andiamo a fare una scampagnata, quindi, ci portiamo a casa tutti i rifiuti. Facciamo inoltre attenzione a quelle che sono le raccomandazioni dei comuni in merito allo smaltimento dell’umido e ricordiamoci di metterlo nei contenitori”.
Un virus resistente
Quello della peste suina “è un virus molto resistente. Può sopravvivere più di mille giorni nella carne congelata, e più di un anno in quella trattata. Nell’ambiente, nei cinghiali che sono colpiti e poi muoiono, può restare attivo per dei mesi”. Non solo: “lo troviamo attaccato a tutti gli oggetti che entrano in contatto con gli animali ammalati. Possiamo quindi portarci il virus attaccato alle scarpe, ai vestiti, agli arnesi e agli attrezzi utilizzati anche, ad esempio, per la caccia”. In conclusione, è necessario prestare la dovuta attenzione. “Il focolaio in Belgio, nel 2018, ha causato danni per decine e decine di milioni di euro”, termina Bacciarini.

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