
Qual è stata la causa del decesso di Giampiero Nervegni la sera del 6 gennaio 2007? Questa la domanda centrale che ha caratterizzato il dibattimento oggi a Locarno nel quarto giorno del processo a carico del fratello della vittima, Renato Nervegni accusato di omicidio. Questa mattina la corte, presieduta dal giudice Claudio Zali, ha dapprima sentito il medico legale, Antonio Osculati, secondo il quale Giampiero Nervegni morì tra le braccia del fratello tra le 19.45 e le 21.45. Ora non contestata dalla difesa, sostenuta dall’avvocato Ignazio Maria Clemente, ma contestata dall’imputato stesso. “Quando uscii di casa, mio fratello era vivo”, ha più volte ribadito in aula, negando pure - a differenza del suo legale - di aver percosso violentemente il fratello prima di uscire per andare al bar verso le 22.00. Sul corpo di Giampiero Nervegni i medici hanno riscontrato diversi traumi ed ematomi, soprattutto sul collo e sull’addome. “Sa che suo fratello ha fatto una brutta fine?”, ha incalzato il giudice Zali, elencando le diverse ferite, tra cui le sei costole rotte riscontrate sul corpo della vittima. “Ma io non ho strozzato Giampiero”, ha risposto Renato. Secondo la difesa infatti la causa della morte è da ricercare nell’embolo che si sarebbe staccato da un trombo presente nel corpo di Giampiero Nervegni. E’stato quindi quel grumo che ha occuluso l’arteria polmonare, a provocare il decesso e non le percosse. Di tutt’altro parere il medico legale che, durante la sua audizione, ha sostenuto che il trombo-embolo si sia mobilitato nel corpo di Nervegni e ha raggiunto l’arteria polmonare destra a causa della colluttazione e dello strozzamento. Nel pomeriggio la corte ha ascoltato il parere del dottor Ennio Pedrinis, perito chiamato dalla difesa. Il dottore, che in passato ha svolto la funzione di medico legale per il Ministero pubblico, ha spiegato che secondo la sua esperienza, l’embolo era potenzialmente letale. Quel grumo avrebbe raggiunto in pochi secondi il polmone senza tuttavia lasciare traccia. “Ma l’embolia è conseguente allo strangolamento?” ha chiesto il giudice Zali. “Non c’è nulla che possa dire il contrario: non mi so spiegare perche da un trombo parta un embolo se non per effetto di un trauma” ha risposto il dottor Pedrinis, che di fatto non ha totalmente confutato la tesi dell’accusa. Il dibattimento prosegue domani con la posa dei quesiti e la requisitoria del procuratore pubblico Mario Branda. red
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