Un adeguamento graduale in tre fasi. È quanto prevede la legge sul salario minimo in Ticino. Il Governo propone ora al Gran Consiglio l’ultimo di questi aumenti della forchetta del salario minimo. Oggi questa è compresa tra 19,50 franchi e 20,00 franchi all’ora. Se il parlamento sancirà il via libera, dal 1° dicembre questo salirà tra 20 e 20,50 franchi all’ora. Ne abbiamo parlato con Christian Vitta, direttore del DFE, che ci ha spiegato che “in base a quanto ci era stato richiesto noi abbiamo fatto eseguire uno studio, il quale conclude che non vi sono elementi particolari che impediscano di rendere definitiva l’ultima forchetta, ovvero l’ultimo passaggio necessario”.
Controllate il 70% delle aziende
Nel suo messaggio il Consiglio di Stato rende inoltre noto che dall’introduzione del salario minimo (avvenuta il 1° gennaio 202) l’ispettorato del lavoro ha controllato complessivamente circa 8'700 aziende, per un totale di circa 47'000 lavoratori. Si tratta di circa il 70% delle aziende assoggettate alla legge. “Sono emersi dei dati positivi, ovvero che solo il 3% delle aziende controllate non ha rispettato le condizioni di salario minimo”. Tuttavia, spiega sempre Vitta, “queste problematiche erano legate per lo più a errori di calcolo. Sono quindi dei risultati sicuramente incoraggianti che fanno intendere che il nuovo meccanismo è stato compreso e viene applicato”.
Una via da seguire? Vitta: “È prematuro esprimersi”
Quando nel 2015 i ticinesi si espressero a favore del salario minimo, il Governo era contrario. Oggi ha invece aver cambiato idea: significa che il salario minimo sia una via da seguire per l’economia ticinese? “Bisognerà vedere gli effetti concreti a medio termine sulla struttura salariale. Sarà questa, infatti, il vero banco di prova”. Ma non è tutto. “In particolare, adesso sarà necessario monitorare gli effetti che questi aumenti possono avere a livello di frontalierato e di residenze in Ticino. Pertanto, è ancora prematuro poter valutare questi effetti, bisognerà quindi attendere il monitoraggio, che andrà avanti nel prossimo futuro, per poter giudicare eventuale effetti strutturali di questo strumento”.
Lavoratori stranieri come principale gruppo d’indagine
Lo studio a cui faceva riferimento Christian Vitta, come detto, era una richiesta esplicita del Gran Consiglio. Il primo rapporto sull’impatto del salario minimo in Ticino è stato realizzato dall’Istituto di ricerche economiche dell’USI: un documento molto corposo e complesso, ma da cui emerge un bilancio sostanzialmente positivo degli effetti del salario minimo. Abbiamo pertanto interpellato la vicedirettrice dell’IRE, Barbara Antonioli Mantegazzini, la quale ci ha spiegato che “si guarda specificatamente il reddito, e quello che vediamo è un effetto positivo e significativo per i lavoratori stranieri. La cosa non dovrebbe stupire, in quanto sono stati loro il gruppo di indagine maggiormente interessato da salari inferiori a quello di legge”. Antonioli ha poi voluto sottolineare come “in questo caso i lavoratori stranieri comprendono sia frontalieri, sia possessori di permessi B e C. Quindi anche residenti di breve e lunga durata”.
Settore secondario maggiormente interessato
Ma quali settori sono stati maggiormente interessati dall’introduzione del salario minimo e quali le conseguenze sull’occupazione in quei settori? “Abbiamo rilevato che ad essere interessati sono il settore secondario, tipicamente la manifattura come fabbricazione di articoli elettronici e tessili, così come servizi quali spedizioni e informazione. Settori nei quali, ricordiamo, non vigeva alcun contratto collettivo”. La legge sul salario minimo, di fatto, non si applica se non vi è un CCL, “perché la legge in questione non si applica in presenza di un CCL”. Quello che Antonioli reputa un dato interessante è il fatto che non ci sono stati effetti sull’occupazione. “L’introduzione del salario minimo non ha portato a perdite di posti di lavoro. Sembra quasi che l’impatto sia neutro, quindi non statisticamente rilevante”. Un altro fattore importante per Antonioli è il non-rilevamento della riduzione delle ore di lavoro dopo l’adeguamento salariale.
Questione frontalierato e residenti
Il salario minimo ha quindi favorito l’ingresso di lavoratori residenti in settori tradizionalmente dominati dal frontalierato? “Questo è uno dei punti più interessanti e importanti dello studio. Abbiamo infatti osservato che c’è essenzialmente un effetto positivo del salario minimo sull’ingresso del mercato del lavoro ticinese da parte di lavoratori svizzeri, in particolare nell’industria manifatturiera”. Lo studio suggerisce quindi una potenziale maggiore attrattività di queste professioni per i lavoratori svizzeri.
Quali i limiti dello studio
Il rapporto stilato da IRE mette anche in luce una situazione complessa. Quali i limiti riscontrati nel rilevamento? “Sono quelli che incontrano tutti questi processi di analisi decisamente complessa. Abbiamo quindi stabilito due principali ordini di limiti: il primo è sui dati disponibili, il secondo sull’orizzonte temporale”. Antonioli ha poi spiegato – facendo riferimento ai limiti temporali – che quanto fatto da IRE è uno studio di impatto di breve periodo. “Noi disponiamo infatti di dati solo per 1 anno e mezzo di osservazioni individuali”. Per quanto riguarda il limite relativo ai dati, “abbiamo utilizzato tutte le fonti disponibili, anche complementando i vari dati e creando una sorta di data set originale. Tuttavia siamo in attesa di informazioni che ci permettano di andare più nel dettaglio, ma non li avremo prima della fine dell’estate”.