Paolo Ferrari, direttore dell'area medica dell'Ente ospedaliero cantonale, difende la necessità di ispirarsi al modello svedese, che ha previsto una quarantena dalle misure molto limitate, per ritrovare tranquillità riguardo alle riaperture di negozi e imprese. Durante il TgSpeciale di Teleticino ha difeso anche la riapertura delle scuole, definita di basso rischio per i bambini, oltre che le affermazioni del dottor Koch di lunedì in cui parlava del basso tasso di infettività dei bambini fino ai 9 anni e della possibilità di fargli riabbracciare i nonni. Il tutto in attesa delle decisioni di oggi di Consiglio federale e Cantone.
Cosa pensa della scelta del governo svedese di adottare una quarantena soft?Guardo con interesse a questo modello, perché in questa situazione ci dà segnali che permettono di affrontare la riapertura in modo un po' più sereno. In Svezia nelle ultime tre settimane il numero di contagi giornalieri è rimasto abbastanza stabile. Quindi non c'è stata la temuta esplosione dei contagi.Quindi questo può farci sperare che mantenendo misure di igiene e distanze sociali si può riaprire anche qui con tranquillità?Il timore di una seconda ondata pandemica sussiste, lo hanno ammesso anche i colleghi svedesi. Sicuramente però queste settimane ci hanno confrontati con una situazione che porta molti interrogativi e ha suscitato molti timori. I dati svedesi probabilmente suggeriscono che il pericolo è meno importante di quello che temiamo.Tuttavia l'incidenza delle morti per milione di abitanti è di gran lunga superiore in Svezia rispetto a tutti i paesi limitrofi. Inoltre, la strategia svedese è stata criticata proprio dagli altri Paesi scandinavi, che temono di esserne danneggiati. Forse non è tutto oro quel che luccica?Nessuno è esperto con questo virus, ognuno ha adottato misure diverse con tempi differenti. Questi dati parlano dei morti per milione di abitanti, bisogna vedere anche il numero di morti sul totale dei contagi, rapporto che è comunque più elevato anche rispetto a quello svizzero. Questo solleva quindi anche delle questioni etiche sull'approccio alla vita che non possono necessariamente essere trapiantate da una nazione all'altra. Abbiamo deciso di prendere delle decisioni in Svizzera anche perché avevamo vicino l'Italia, con un livello di rischio molto più elevato rispetto ai paesi scandinavi. Penso che le decisioni che abbiamo preso si sono dimostrate efficaci, d'altra parte ora bisogna andare verso una graduale apertura ed affrontarla con una certa serenità.
Anche gli ospedali dell'EOC ha ripreso in parte con le sue attività ordinarie. In che modo state riaprendo come sta andando questa riapertura?La preparazione era iniziata ad inizio aprile, al picco epidemico, proprio perché sapevamo che da un giorno all'altro ci sarebbero stati segni di flessione. Per cui eravamo già pronti. Naturalmente bisognava attendere che il governo rilassasse le misure, ora ci stiamo attivando nella riapertura degli ambulatori e in particolare delle operazioni di chirurgia: tanti gli interventi rinviati in questo periodo. E dobbiamo fare tutto questo sapendo che i pazienti avranno timore di venire in ospedale. Per cui non si trattava solo di ripartire una macchina ma di farla ripartire in modo differente.Rimanete comunque pronti a tornare in situazione d'emergenza se la situazione lo richiedesse?Assolutamente, abbiamo deciso di essere pronti a riattivarci nel giro di poche ore o pochi giorni per accogliere un numero crescente di pazienti covid. Ora conosciamo meglio la situazione e abbiamo a disposizione un miglior sistema di monitoraggio.
Tra le riaperture più discusse c'è quella delle scuole, lei è d'accordo con questa scelta?Assolutamente. Prima di tutto se non lo facciamo adesso non lo facciamo neanche in autunno. Inoltre, il virus nei bambini sembra comportarsi in maniera differente rispetto al virus dell'influenza. Questi sono dati pubblicati dall'Islanda dove hanno fatto il tampone a più del 10% della popolazione e hanno riscontrato un basso tasso di contagio nei bambini, soprattutto nella fascia d'età da 0 a 9 anni. Dai dati giunti in laboratorio posso confermare che anche in Ticino i bambini si comportano allo stesso modo. Il tasso di contagio è molto basso e questo ci suggerisce che non siano vettori di trasmissione verso gli adulti come temevamo. Bisogna anche considerare che i bambini spesso sono asintomatici e probabilmente hanno anche una bassa capacità di trasmettere il virus, però questo non lo sappiamo di sicuro, proprio perché sono poco sintomatici.Si sente quindi di rassicurare i genitori in vista di un'eventuale riapertura scolastica?Per i bambini il pericolo nella maggior parte dei casi non sussiste. Il motivo per cui si è deciso di chiudere le scuole è perché si temeva che queste fossero un bacino di diffusione del virus. Dire a un bambino di mantenere le distanze sociali o tenere la mascherina è difficile. La riapertura delle scuole per i bambini quindi, per me, è giustificabile, quello su cui bisogna avere ancora una certa prudenza è in che misura i bambini possano venire a contatto con i nonni, specie se hanno comorbidità. Penso che l'affermazione del dottor Koch possa essere sostenuta dalle informazioni che abbiamo finora.
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