
Sostenute dalla stragrande maggioranza del Parlamento, le misure compensatorie concordate dopo mesi di trattative tra Governo e sindacati per evitare un taglio delle pensioni statali del 20%, dovuto alla prevista e progressiva riduzione su otto anni del tasso di conversione a partire dal 2025 decisa dai vertici dell’Istituto di previdenza, saranno oggetto di voto popolare. Lega, UDC, parte del Centro ed Helvethica Ticino hanno infatti chiesto e approvato il referendum finanziario per portare il popolo alle urne, verosimilmente a metà dell’anno prossimo. Serviva il via libera di almeno un terzo dei deputati.
Aumento dei contributi del 3%
L’accordo prevede in particolare un aumento del 3% degli accrediti di vecchiaia e quindi un incremento dei contributi da parte dei dipendenti (60%) e del datore di lavoro (40%). Come detto, le trattative sono durate mesi e sono anche state supportate da ErreDiPi, la Rete a difesa delle pensioni più volte scesa in piazza per manifestare la sua contrarietà ai tagli.
“Un cerottino che non risolve il problema”
Ad aprire la discussione è stato il deputato dell’MpS Matteo Pronzini che al Parlamento ha voluto presentare l’iniziativa da lui proposta per evitare la riduzione del tasso di conversione dal 6,17% al 5,25%. Secondo Pronzini, infatti, la situazione attuale è frutto degli errori politici passati e delle decisioni prese per sanare la difficile situazione della cassa pensioni di cui si discute da anni. Le misure compensatorie approdate oggi in aula per il deputato dell'MpS altro non sono che un “cerottino che non risolve il problema”, “merce avariata a carico soprattutto degli assicurati attivi”.
Per la maggioranza è “un atto di responsabilità”
Accuse che il co-relatore del rapporto di maggioranza, il PLR Bixio Caprara, ha rispedito al mittente invitando il Parlamento a distinguere tra l’adeguamento immediato delle pensioni in un contesto storico che vede aumentare la speranza di vita ed il risanamento della cassa, su cui occorrerà ancora chinarsi. “Non siamo in una repubblica delle banane ma in uno stato di diritto in cui le casse pensioni sono oggetti di vigilanza rigorosa”, ha chiosato Caprara ricordando anche che le misure compensatorie sono state ritenute sostenibili dal perito interpellato dai deputati. “Diminuendo il tasso di conversione l’unico modo per mantenere lo standard delle rendite è aumentare il capitale di vecchiaia. Non è ideologia, è matematica”, ha aggiunto. “Senza queste misure, ha evidenziato il socialista Ivo Durisch, anche lui co-relatore, la situazione per i nostri assicurati sarebbe tra le peggiori della Svizzera, soprattutto per i dipendenti più giovani”. “Siamo di fronte a un accordo”, il pensiero del co-relatore del Centro Fiorenzo Dadò, il quale ha preannunciato che parte del suo gruppo avrebbe comunque sostenuto il referendum finanziario obbligatorio per dare al popolo la possibilità di esprimersi. Infine, Samantha Bourgoin (Verdi) ha invitato a non alimentare il dibattito opponendo i dipendenti statali a chi è attivo nel privato.
Per la minoranza “i contribuenti non devono pagare”
Un appello non colto da chi l’accordo l’ha combattuto, la minoranza Lega-UDC, per cui oltretutto il dossier è approdato in aula troppo in fretta proprio a pochi giorni dalle elezioni federali. “Ricordiamoci che a finanziare il datore di lavoro, lo Stato, sono i contribuenti con le loro imposte”, hanno detto in aula più deputati rilanciando il referendum finanziario obbligatorio. “Abbiamo ancora tante domande sia per il Governo che per il perito”, ha poi aggiunto il co-relatore del rapporto Paolo Pamini. “Siamo delusi, arrabbiati”, il commento del co-relatore Omar Balli: “Chi ci assicura, ha domandato, che non sarà necessario intervenire ancora?”.
“Soluzione equa e sostenibile”
Dal canto suo il consigliere di Stato Christian Vitta ha tenuto anche lui a distinguere il tema del finanziamento dell’istituto dalla compensazione delle pensioni. “Una strada intrapresa in linea con quanto avviene nel resto della Svizzera”, ha detto Vitta difendendo l’accordo approdato in aula, definito una soluzione “equilibrata, equa e sostenibile”.
Come detto, però, l’ultima parola spetterà al popolo.
