Ticino
Omicidio Giorgi: 11 anni a Schneider
Redazione
15 anni fa
Sébastien Schneider è stato condannato per la morte di Samuele Giorgi, avvenuta lo scorso 25 aprile al bar Mascotte a Chiasso

Sébastien Schneider è stato condannato a 11 anni di detenzione per omicidio intenzionale, ripetuta infrazione alla legge sulle armi e a quella sugli stupefacenti, coazione, lesioni semplici e vie di fatto. L’omicidio si Samuele Giorgi fu per Schneider la somma di un’intera vita passata allo sbando. Non esisteva un movente. Schneider viveva a 300 all’ora ed aveva un appuntamento con un muro contro il quale quella sera è andato puntualmente a sbattere. Il prezzo fu una vita innocente. Salvo ricorsi, si chiude dunque con queste parole del giudice Claudio Zali e tra gli insulti e le lacrime dei numerosi amici della vittima presenti in aula, un caso che turbò profondamente il Mendrisiotto per la brutalità con cui il 24 aprile dello scorso anno fu tolta la vita a Samuele Giorgi, gratuitamente, con una coltellata al cuore inferta al 28enne all’esterno del bar Mascotte solo perché difese una ragazza dalla furia del suo compagno durante l’ennesimo furibondo litigio della coppia. Lei: una tossicodipendente di Chiasso. Lui: uno spacciatore vodese di 31 anni, quel Sébastien Schneider che ha sempre detto di aver usato il coltello per pura autodifesa. Un’affermazione che la corte delle Assise criminali respinge sulla base dei riscontri oggettivi e delle perizie scientifiche. Schneider ha sempre portato avanti la sua verità, prima e durante il processo, dicendo addirittura che dopo la rissa non si accorse nemmeno che Samuele era caduto a terra stremato. Che insomma non si accorse della gravità dell’accaduto. Eppure c’è chi giura di averlo visto fissare la sua vittima per qualche secondo prima di allontanarsi in tutta fretta dal luogo del delitto con la lama ancora gocciolante, preoccupandosi solo di far sparire il coltello. Questi ed altri sono i dati oggettivi. Le certezze che hanno portato alla condanna di Sébastien Schneider. Non la prima condanna per lui ma la più pesante; ultima tappa di una vita trascorsa tra il carcere, l’alcol, l’eroina e le armi bianche. Il culmine del vissuto di una persona che le perizie hanno definito disturbata, antisociale, paranoica, narcisistica e manipolatrice. Una persona che metteva paura. Un uomo di cui tutti i testimoni hanno parlato male perché da sempre nell’ambiente aveva la cattiva fama di girare armato e di lasciarsi andare spesso e volentieri a gesta violente e immotivate. Aggressivo e bugiardo: tutti lo ricordano così. Era temuto da chi lo conosceva eppure non veniva mai lasciato da solo. C’era sempre qualcuno che lo frequentava. Perché con lui l’eroina non mancava mai. Ma quello dell’eroina non era il mondo di Sam. L’unico fatto in comune tra la vittima e il suo omicida è che si sono trovati la stessa sera allo stesso bar. [email protected]

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