
Proseguono le interviste di Ticinonews ai candidati che correranno alle elezioni cantonali del 2 aprile. Protagonista del quarto appuntamento Alberto Togni, candidato al Consiglio di Stato e al Gran Consiglio sulla lista numero 5 del Partito Comunista e del Partito Operaio Popolare.
Innanzitutto vorrei chiederle, perché si candida?
“Perché credo e partecipo da molti anni al progetto politico che portiamo avanti come Partito Comunista. Un progetto che abbiamo voluto riassumere in questa campagna sotto lo slogan di ‘Neutralità, Lavoro e Servizio pubblico’. Coniugare quindi questi tre temi per migliorare le condizioni del Paese e della popolazione”.
Se dovesse essere eletto quale sarebbe la prima misura che metterebbe in pratica?
“Mi concentrerei molto sul mondo del lavoro, perché ritengo che sia una priorità. In Ticino oggi abbiamo un terzo della popolazione che è sotto la soglia di rischio di povertà. Abbiamo un mercato del lavoro allo sbando, agirei prioritariamente in quell'ambito”.
Cosa vuol dire essere comunisti oggi? Non è un po' anacronistico?
“Mi fa sempre un po' sorridere questa domanda. Non penso che siamo anacronistici, tutt'altro. Siamo un partito giovane, quello che presenta la lista più giovane al Gran Consiglio e non penso che siamo anacronistici quando, guardando alle cose concrete, abbiamo per esempio un 62% della popolazione che ci ha seguito quando si trattava di votare per l'introduzione della sovranità alimentare nella Costituzione. Non penso che siamo anacronistici quando ci sono dei colleghi in Parlamento, nostri deputati, che sostengono le nostre proposte, e infine non lo siamo in un cantone in cui le disuguaglianze economiche e i problemi relativi al lavoro, problemi sociali, continuano a crescere”.
Tema strettamente cantonale, il superamento dei livelli alle scuole medie. Cosa ne pensa?
“Siamo certamente favorevoli. Quanto uscito in Gran Consiglio secondo noi è davvero il compromesso minimo e accettabile, avremmo preferito andare in votazione popolare con la raccolta firme a cui abbiamo contribuito. Lo ripetiamo da svariati anni, ai tempi venivamo anche visti come degli “extraterrestri”, mentre finalmente oggi è accettato da tutti: i livelli sono totalmente anacronistici. Il superamento, anche in questa forma minima, è accolto positivamente”.
Parlando dell'area progressista, su molti temi la pensate allo stesso modo. Perché allora non riuscite ad andare d'accordo?
“In realtà noi siamo l'unica lista che è riuscita a stringere un'alleanza sia al Consiglio di Stato sia al Gran Consiglio, mentre le discussioni avute con le altre forze di sinistra sono state chiuse da parte loro, senza neanche troppe spiegazioni. Sarebbe forse una domanda da porre più agli altri. Detto questo, io non penso che l'unità della sinistra sia una cosa fine a se stessa o un obiettivo da perseguire fine a se stesso. L'importante è essere uniti nei temi che davvero contano per migliorare le condizioni di questo cantone”.
Da quando è scoppiato il conflitto in Ucraina vi si rimprovera di essere dalla parte di Putin. È così?
“La nostra posizione su questa guerra è chiarissima da 9 anni. Noi siamo contrari alla guerra come strumento di risoluzione delle controversie. Lo siamo sempre stati, negli anni passati, per altri conflitti. Detto questo, evidentemente le posizioni divergono quando si tratta di andare ad analizzare le cause che hanno portato a questa guerra. Secondo me il dato politico centrale per la Svizzera è che purtroppo si è deciso di mandare un po' a monte quello che era il riconoscimento della nostra neutralità svizzera, e quindi del ruolo che questa poteva avere per porsi come mediatore per il conflitto armato. Abbiamo deciso di farlo imponendo sanzioni che oltre ad essere totalmente inutili al momento anche solo per rallentare la guerra, si rivelano controproducenti anche per il nostro stesso Paese”.
L'intervista completa andata in onda ieri: