
Una donna colombiana che da diversi anni viveva in Ticino ha pagato caro il mancato ritiro di una raccomandata inviatale dalla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni. La raccomandata conteneva infatti la notifica della decisione di espulsione. Non avendola ritirata, la donna ha lasciato trascorrere invano il periodo assegnatole per presentare le sue osservazioni. E una volta attivatasi, era ormai troppo tardi.
La figlia e il matrimonio
La donna si era sposata nel 2009 con un cittadino svizzero, dal quale aveva avuto una figlia, e aveva quindi ricevuto un permesso di dimora. Nell'ottobre 2012 la coppia aveva divorziato, ma il permesso di dimora della donna era tuttavia stato rinnovato, l'ultima volta fino all'agosto 2015.
L'espulsione
Nel gennaio 2016, facendo riferimento a un ammonimento impartitole nel 2014, la Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Canton Ticino ha comunicato alla donna, tramite raccomandata, la revoca del suo permesso di dimora.
Prima sbaglia il Cantone, poi la donna
Il problema è che la prima raccomandata è stata inviata ad un indirizzo errato, mentre la seconda, spedita due settimane dopo, non è mai stata ritirata dalla donna ed è quindi tornata al mittente dopo il periodo di giacenza.
"Ero gravemente depressa"
In marzo la donna ha infine formulato un'istanza di restituzione in intero dei termini di ricorso contro la decisione della Sezione della popolazione, adducendo di soffrire "di un grave stato depressivo che le arreca ansia e angoscia ogniqualvolta si vede recapitare una lettera raccomandata."
Preso atto dell'istanza, il Servizio dei ricorsi del Consiglio di Stato le ha quindi inviato una copia della decisione di gennaio, assegnandole un termine per inoltrare eventuali osservazioni.
L'osservazione della donna è stata che nel gennaio 2016 aveva subito un intervento chirurgico che l'aveva fatta cadere in un grave stato depressivo e che al momento della notifica della risoluzione non si trovava al proprio domicilio, bensì in ospedale.
Troppo tardi
Ma sia il Consiglio di Stato, in aprile, sia il Tribunale amministrativo federale, in maggio, hanno respinto l'istanza della donna "a causa della sua tardività".
Losanna che ne dice?
In giugno la donna ha quindi presentato ricorso al Tribunale federale, tramite l'avvocato Giovanna Bonafede.
I giudici di Losanna hanno così dovuto stabilire se effettivamente l'impugnativa presentata dalla donna al Consiglio di Stato contro la decisione dipartimentale fosse da considerare tardiva o se la ricorrente avesse diritto alla restituzione del termine.
È la giurisprudenza
Ma, purtroppo per la donna, i giudici federali hanno ricordato che secondo la giurisprudenza relativa all'intimazione nella bucalettere o nella casella postale, un invio raccomandato che non ha potuto essere consegnato viene ritenuto notificato il settimo giorno dal tentativo di consegna infruttuoso.
Poteva immaginarselo
Inoltre il Tribunale federale sottolinea che la donna, avendo chiesto il rinnovo del permesso di dimora nell'agosto 2015, doveva attendersi che la decisione dipartimentale le sarebbe stata notificata nei mesi seguenti.
E non è vero che era in ospedale
Infine nella sentenza (2C_610/2016) si legge che il citato soggiorno in ospedale era avvenuto oltre 20 giorni prima della notifica della decisione di mancato rinnovo del permesso di dimora e che secondo il rapporto medico citato dalla donna nel suo ricorso i suoi problemi non erano tali da impedirle di cedere la gestione dei propri affari ad un rappresentante.
Giusta la decisione ticinese
I giudici federali hanno concluso che quello del Canton Ticino non è stato un formalismo eccessivo ed hanno quindi respinto il ricorso della donna, ponendo a suo carico le spese giudiziarie di 2'000 franchi.
La madre parte, la figlia resta
La donna dovrà quindi lasciare la Svizzera. Attraverso la sentenza non è invece dato sapere quale destino toccherà a sua figlia. Essendo cittadina svizzera, si può ipotizzare che continuerà a vivere nel nostro Paese con il padre, ma senza la madre.
© Ticinonews.ch - Riproduzione riservata