Ticino
“Non ci ingannino i numeri bassi”
Foto © CdT/Gabriele Putzu
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Redazione
4 anni fa
Il direttore sanitario della clinica Moncucco sposa le tesi di Matthias Egger sul fatto che il tasso di trasmissione sia in aumento in Svizzera

Hanno fatto discutere le affermazioni di Matthias Egger, capo della task force nazionale per il coronavirus, secondo il quale è troppo presto per tornare alla normalità nonostante gli allentamenti decisi dal consiglio federale, in quanto il tasso di trasmissione sarebbe in aumento. Radio3i ha contattato Christian Garzoni, direttore sanitario della Clinica Moncucco, per sapere il suo parere in merito: “Penso che le analisi fatte dal professor Egger siano corrette”, ha spiegato il dottor Garzoni, “nel senso che in questa frase la prudenza non è mai troppa. Non dobbiamo farci trarre dai numeri, che restano bassi da settimane: purtroppo a livello mondiale questo virus sta esplodendo”.

Il numero dei contagi è nuovamente aumentato nelle ultime settimane. Secondo Egger il tasso di trasmissione R0 è a uno o addirittura superiore, e ha affermato anche che con il deconfinamento c’è il rischio di un nuovo picco nelle prossime settimane. È davvero così?
“È ancora troppo presto per dirlo. Quello che è chiaro è che c’è una tendenza a un live aumento dei casi in Svizzera. Restano casi isolati ma se si guardano i dati della task force l’R0 è in aumento e probabilmente intorno all’1. Qualcosa sembra muoversi, e va ricordato soprattutto che oggi le persone superano le frontiere, quindi avremo sicuramente nelle prossime settimane casi importati, magari di ticinesi che tornano dalle vacanze o sono usciti per lavoro, da turisti o altre persone in transito nel Cantone. Ad ogni modo il numero tenderà ad andare verso l’alto e non più verso il basso”.

Le vacanze sono un tema d’attualità. Ancora negli scorsi giorni Giorgio Merlani aveva invitato alla prudenza nell’andare all’estero.
“In questa fase bisogna rimanere prudenti e favorire le vacanze a km 0. Oggi il Ticino a livello svizzero ed europeo è una delle zone dove il coronavirus è meno presente. A questo punto è meglio restare a casa nostra. Rendo attenti a due problemi pratici dei viaggi lunghi: in primis i voli in aereo. In caso di aumento repentino dei casi la regione dove andata in vacanza potrebbe chiudere in maniera repentina, come successo in Cina. Il secondo problema, che può avvenire anche nei paesi confinanti, è che ogni Paese ha regole diverse per la quarantena. Molti paesi hanno ancora la regola della quarantena fino a tampone negativo, che potrebbe prendere anche 3 o 4 settimane. Quindi una breve vacanza al mare potrebbe diventare l’obbligo di rimanere chiusi un mese in albergo: valutate bene se ne vale la pena”.

Sabato è stato introdotto l’obbligo di indossare la mascherina per le dimostrazioni, obbligo che secondo Egger dovrebbe essere introdotto su larga scala, come auspicato anche da lei. Pensa ci siano possibilità che il Consiglio federale ascolti questa richiesta?

L’uso più generale delle mascherine era stato sostenuto non solo da me ma da un intero gruppo di medici in prima linea contro il Covid. Noi crediamo che un uso più generale sia da sostenere: è una misura a basso costo, senza effetti collaterali e altamente efficace per ovviare i contatti tra persone da quando non sono confinate in casa. Dal punto di vista legislativo non credo che il Consiglio federale metterà l’obbligo, salvo situazioni catastrofiche. Ormai le decisioni in merito vengono prese a livello cantonale e in Svizzera si è sempre prudenti, probabilmente rimarrà una raccomandazione.

Per quanto riguarda i nuovi allentamenti: non trova un po’ strano questo passaggio da due metri a un metro e mezzo per la distanza sociale minima?

“La scelta di una distanza di sicurezza minima deriva dalle cosiddette “goccioline” che trasmettono il virus. Più si sta distanza e meno c’è rischio, i due metri erano considerati la distanza con la quale il rischio tendeva a passare a zero. In realtà abbiamo visto molti casi dove questa distanza può non essere sufficiente: per esempio in luoghi chiusi come i ristoranti o con grossi movimenti d’aria dovuti all’aria condizionata. Penso anche al caso di un coro dove un cantante, da solo, ha infettato tutta la sala. Ad ogni modo, se io diminuisco questa distanza sociale è chiaro che aumenta un po’ il rischio: io penso però che, ad oggi, vedendo come si comportano le persone, il grosso problema sia chi non rispetta per niente le distanze sociali, non tanto il passaggio da due metri a un metro e mezzo”.

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