Ticino
Moschee ticinesi, "Non riteniamo di dover intervenire"
Moschee ticinesi, "Non riteniamo di dover intervenire"
Moschee ticinesi, "Non riteniamo di dover intervenire"
Redazione
7 anni fa
Il Governo ha risposto all'interrogazione di Boris Bignasca riguardo la diffusione dell’islam politico

Il Consiglio di Stato ha risposto all’interrogazione presentata l’11 giugno scorso dal deputato leghista Boris Bignasca, ovvero il giorno dopo la decisione del Governo di chiudere sette moschee e di espellere alcuni imam e in seguito alla notizia della presenza in Ticino di due cittadini libici nel mirino dei servizi segreti italiani che avrebbero fatto ricoverare una quarantina di compatrioti in Svizzera (vedi articoli suggeriti). Il deputato leghista, ricordiamo, poneva alcuni interrogativi riguardanti la diffusione dell’islam politico, il finanziamento di moschee e centri islamisti in Ticino, le attività di queste ultime e i rapporti con lo Stato turco.

Nella sua risposta il Governo suggerisce in primis a Bignasca di rifarsi alle risposte fornite a due precedenti atti parlamentari e rammenta la competenza federale del tema sollevato nel presenta atto parlamentare. Inoltre alcune informazioni sono di competenza di organi speciali e soggette a norme inerenti la protezione dei dati e non possono quindi essere divulgati.

No alla chiusura delle moscheeRispondendo alla richiesta di Bignasca in merito a un possibile intervento per contrastare l’islam politico (seguendo l’esempio dell’Austria, che aveva chiuso alcune moschee ed espulso gli imam estremisti), il Governo ha spiegato che “la limitazione dei diritti fondamentali è possibile soltanto per preservare un interesse pubblico preponderante” e che “la diffusione dell’islamismo, anche se nella sua forma radicale e conservatrice, non è di per sé illegale, se non è provata un’istigazione alla violenza nei suoi vari aspetti, come ad esempio il sostegno a gruppi dediti ad attività terroristiche”. Il Governo “è impegnato a salvaguardare la sicurezza pubblica, agendo per il tramite della Polizia cantonale che previene le minacce e mantiene l’ordine legalmente costituito” e in assenza di attività che istigano alla violenza, non sussiste una base legale per chiudere moschee o espellere degli imam fondamentalisti.

Corsi di lingua e culturaAl Consiglio di Stato non risulta inoltre che in Ticino siano state realizzate rappresentazioni propagandistiche della battaglia di Gallipoli con protagonisti i bambini, come invece avvenuto in Svizzera e in Austria (vedi articolo suggerito). In Ticino gli enti che organizzano e finanziano i corsi di lingua e cultura dei paesi d’origine (Corsi LCO) sono monitorati dal DECS. Nel corso dell’anno scolastico 2017/2018 gli enti che hanno offerto dei corsi LCO erano i seguenti: Ambasciata croata (croato), Ambasciata macedone (macedone), Ambasciata portoghese (portoghese), Ambasciata serba (serbo), Ambasciata spagnola (spagnolo), Ambasciata turca (turco), Associazione Schkolnik (russo), Associazione Thailandese Ticino (tailandese), Scuola macedone (macedone), Scuola svedese di Lugano (svedese), Tamil Education Service Switzerland (tamil) e Tsumiki Club (giapponese). Il Servizio cantonale per l’integrazione degli stranieri, invece, “non sostiene o promuove corsi LCO delle persone straniere in Ticino”.

Le moschee ticinesiDalla risposta del Governo si evince che le due moschee ticinesi di Giubiasco e Lugano sono nella lista della Fondazione Turco Islamica (ITDV) e che pertanto la presenza di membri dell’ITDV non può essere esclusa. “Quest’ultima non è però considerata un’organizzazione illegale in Svizzera e non vi è pertanto pertinenza nel censire eventuali membri in Ticino a priori e in maniera generale.Per quanto riguarda i finanziamenti delle due moschee, “fintantoché essi avvengono in maniera trasparente e non violano normative svizzere, non costituiscono reato e di conseguenza non possono essere oggetto di accertamenti particolari”. Diversa la situazione nel caso in cui il vero obiettivo perseguito con il finanziamento dovesse risultare essere l'incoraggiamento di reati violenti di stampo terroristico; in questo caso, ovviamente, sarebbe punibile. Ad oggi il Governo "non ha ritenuto di dover intervenire".

Già nel 2016, ricordiamo, l'imam di Lugano Samir Jelassi aveva affermato che la sua comunità non riceve alcun finanziamento dall'estero. "Noi ci autofinanziamo o riceviamo delle donazioni" afferma, precisando che "la quota per i membri del gruppo è di 30 franchi al mese" ma che "il grosso delle nostre entrate viene da offerte libere."

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