Ticino
Morte naturale inscenata, due fratelli alla sbarra
©Chiara Zocchetti
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Redazione
8 ore fa
A Lugano è iniziato il processo nei confronti di due fratelli srilankesi accusati di assassinio in correità fra loro. Nel settembre dello scorso anno tolsero la vita alla moglie di uno dei due, inscenando poi un malore.

“Poteva essere il delitto perfetto”, ha detto la procuratrice pubblica Chiara Buzzi per descrivere quanto successo la mattina dell’11 settembre 2024 in via degli Albrici a Chiasso, quando il marito della vittima allertò i soccorsi sostenendo che la donna - trovata dalla figlia di 6 anni - era morta nel sonno a causa di un malore. La causa del decesso era però apparsa poco chiara anche dopo l’autopsia e così, a seguito di alcuni interrogatori, l’uomo, un 45enne, era crollato e aveva aveva confessato. Dapprima sostenendo che era stato lui e in seguito, incalzato sulla presenza del fratello, aveva accusato lui e infine entrambi.

Il processo

L’accusa nei confronti dei due srilankesi, che si trovano in espiazione anticipata della pena, è di assassinio, subordinatamente omicidio intenzionale commesso in correità tra loro. Movente? I ripetuti tradimenti della moglie ma anche - forse - la minaccia di quest’ultima di volersene andare insieme alla figlia. Interrogati dal Giudice Amos Pagnamenta, in aula gli imputati hanno ricostruito la loro versione dei fatti rimpallandosi le responsabilità. Il marito della vittima sostiene di essere stato spinto dal fratello - arrivato a Chiasso dal Bergamasco - a ucciderla. Lui le teneva le gambe mentre il fratello la soffocava, prima con le mani e poi con un sacchetto. Il tutto per almeno 10 minuti.

La replica

Il fratello maggiore (che sarebbe stato dunque la mente nonché il co-esecutore) respinge ogni addebito: “Sono venuto per parlare e cercare di dare una mano a sistemare il loro matrimonio, ma in camera mio fratello ci è andato da solo e ha agito da solo”. Il 50enne si è però più volte contraddetto rispetto alle diverse versioni date in sede d’inchiesta e, incalzato da Pagnamenta, ha più volte detto “non so” o “non mi ricordo”. Va infine detto che sotto le unghie della donna è stato trovato il suo dna. Dopo l’interrogatorio, nel pomeriggio ha preso la parola la pp Buzzi, che ha appunto ricostruito le tappe che hanno portato a smascherare il delitto quasi perfetto. Un delitto premeditato, architettato e con modalità particolarmente perverse. Da qui l’accusa di assassinio. E le richieste di pena sono tutt'altro che leggere: per il marito la pubblica accusa ha proposto 19 anni di carcere, più l'espulsione dalla Svizzera per 15 anni. Per il cognato, invece, è stata chiesta la detenzione a vita, più l'espulsione per 15 anni.

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