
In occasione della Pasqua, Ticinonews ha avuto l'opportunità di intervistare il vescovo di Lugano Monsignor Valerio Lazzeri, riflettendo insieme a lui sul significato cristiano e sociale di questa festività, la più importante del cristianesimo.
Qual è il significato cristiano della Pasqua?La Pasqua ripropone a tutti e a ciascuno l’annuncio sempre attuale della speranza di radicale rigenerazione, racchiusa nell’evento della risurrezione di Gesù dai morti.
La Pasqua è la festa più importante del cristianesimo, in cui si ricorda la risurrezione di Gesù Cristo, tuttavia a livello sociale risulta essere da tempo una festività secondaria al Natale. Secondo lei quali sono i motivi?La narrazione di un bambino che nasce è, forse, più immediatamente suggestiva ed eloquente per tutti. La passione, la morte in croce, la sosta davanti al sepolcro vuoto, segno che va comunque decifrato a partire dalla fede, richiede un coinvolgimento più personale, una decisione più esplicita. In realtà, per il cristiano si tratta del medesimo mistero, visto da due punti di vista diversi.
La Pasqua, a differenza del Natale, è una festività che molti fedeli non celebrano con la famiglia. Alcuni infatti approfittano della bella stagione per andare in vacanza. Come giudica questa abitudine?A chi riesce ad avere un tempo di vacanza non è necessariamente tolta la possibilità di celebrare degnamente la Pasqua. Il bel tempo, il desiderio di fare un viaggio o di avere un momento di riposo non sono certo una minaccia per una fede autentica e vissuta.
La Pasqua è un evento che si prepara con 40 giorni di Quaresima, rito al quale, oggigiorno, sempre meno fedeli prendono parte. Pensa che le abitudini della nostra società abbiano influito negativamente su questa pratica religiosa? Lei personalmente come trascorre questo periodo?La Quaresima è un costante richiamo alla possibilità che Dio ci offre di rinunciare a tutto ciò che disumanizza il nostro modo di vivere e di essere in relazione. Penso che la causa della disaffezione alle pratiche penitenziali sia soprattutto legata a una sorta di sfiducia generale nella possibilità di cambiare realmente qualcosa in noi e attorno a noi. Per me la Quaresima è il tempo dell’ascolto più intenso della parola di Gesù che continua ancora oggi a dirci che è possibile convertirsi e credere al Vangelo.
I fedeli praticanti, in Ticino, sono sempre meno. Secondo lei come si potrebbe fare per riavvicinarli alla Chiesa? Quali sono i consigli che dà a chi si è allontanato?Oggi la preoccupazione non è quella di fare riavvicinare coloro che si sono allontanati, ma di fare percepire la vicinanza, la prossimità, la sollecitudine per la loro vita a coloro che vivono l’esclusione, l’estraneità, l’isolamento. Il cristianesimo si è diffuso come il contagio di un’amicizia divina trasmessa umanamente. La cosa da cui tutti dobbiamo guardarci è la paura di lasciarci incontrare da chi non conosciamo ancora.
Qual è il messaggio che le sta più a cuore trasmettere ai ticinesi in occasione della Pasqua?Auguro a me e a tutti di non lasciarsi rinchiudere in una realtà senza orizzonti a perdita d’occhio. Abbiamo tutti bisogno di sollevare lo sguardo. Non possiamo esaurire tutte le nostre energie nel cercare di non perdere la posizione acquisita. Se la morte non è l’ultima parola sulla vita, non è più necessario sprecare il nostro tempo a cercare inutili distrazioni e possiamo cominciare a vivere davvero.
Ultima domanda, un po’ più personale: lei come trascorrerà la Pasqua? Mangerà il tradizionale capretto?Dopo le celebrazioni, sarò a pranzo in famiglia, dove però ho già chiesto di non prepararmi il capretto. Non ne sono per nulla entusiasta!
ps
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