
Nel 2013 il 70% dei capitali italiani nascosti all'estero era depositato in Svizzera. Si parla una somma che oscilla tra i 137 e i 171 miliardi di euro, 44 dei quali dal 2015 al 2017 sono rientrati in Italia grazie a due edizioni di voluntary disclosure, un provvedimento pensato dall’Italia per far emergere le attività finanziarie detenute all’estero mai dichiarate al fisco, azzerando conseguenze penali e offrendo sconti sulle sanzioni. Lo rileva un’inchiesta condotta da Milena Gabanelli e Andrea Pasqualetto, pubblicata oggi sul Corriere della Sera, i quali si chiedono tuttavia dove siano finiti i restanti soldi. All'appello mancano infatti approssimativamente dai 92 ai 126 miliardi di euro.
Di conti “illegali” in Svizzera non ce ne sarebbero più dopo che le autorità elvetiche, per uscire dalla cosiddetta lista nera dell’OCSE, sono andate verso una maggiore trasparenza bancaria. Le banche svizzere hanno dato tempo due anni ai clienti per dichiarare i soldi al fisco italiano prima di chiudere i conti. “Nelle banche svizzere non è rimasto quasi nulla di non dichiarato” afferma l’avvocato Paolo Bernasconi, interpellato dal giornale, secondo cui, per trovare il denaro italiano in fuga dalla Svizzera, occorre seguire le tracce di fiduciari che si sono spostati sui Paesi balcanici, Dubai, Cipro e Malta. "Questi ultimi due Paesi" sottolinea Bernasconi, "che fanno parte dell’Unione europea, vendono cittadinanze a facoltosi italiani con il risultato dell’immunità fiscale, perché così i dati svizzeri vengono comunicati a Cipro o Malta e non all’Italia".
Una recente inchiesta di Padova mostra un sistema ben rodato, che dà un’idea di cosa sia successo in questi anni ai depositi italiani. Prima che la Svizzera abbassasse le serrande sui conti “illegali”, 200 imprenditori veneti sono stati agganciati da un 58enne dentista veneziano residente a Monaco, per non pagare il fisco per riportare in Italia i propri soldi. Quest'ultimo spostava per loro denaro depositato nei conti in Svizzera. Un sistema fuorilegge: attraverso giroconti, fatture false, operazioni in lingotti d'oro inesistenti ha trasferito i soldi dalla Svizzera in Slovacchia o Repubblica Ceca, per farli finire a Dubai, negli Emirati Arabi, dove il denaro veniva incassato, messo in valigette e portato da un corriere a Lugano su voli di linea. Qui il contante veniva consegnato ai titolari dei conti, previo pagamento all’organizzazione di una commissione, che variava dal 5 al 10%, a seconda del grado di rischio dell’operazione.
E il rischio effettivamente c’era. Il 58enne, insieme ad altri suoi 5 complici, sono stati arrestati lo scorso 17 maggio dal Gip di Padova con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio internazionale. "Se qualcuno voleva monetizzare o lo faceva legalmente aderendo alla Voluntary, ma costava troppo, oppure poteva prelevare il denaro in qualche altro modo, e l’altro modo eravamo noi" ha spiegato il 58enne agli inquirenti.
Il pm Roberto D’Angelo li accusa di aver ripulito denaro proveniente da altri reati, soprattutto tributari. Al momento gli indagati per evasione o frode fiscale sono 14 imprenditori: fanno parte dei circa 200 clienti che l’organizzazione aveva agganciato utilizzando 13 società create in vari Paesi. "Il flusso di denaro da Dubai alla Svizzera, dal 1 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016, è di oltre 46 milioni di euro", scrive il pm nella sua richiesta di misura cautelare in carcere.
Capolinea delle operazioni, come detto, era uno studio di Lugano, che metteva il contante a disposizione del cliente, il quale poteva prelevarlo personalmente o farselo portare in Italia pagando uno spallone. Una volta a casa il denaro veniva nascosto da qualche parte, nella cassaforte, in soffitta o sotto una banale mattonella.
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