
La difesa, espressasi oggi nel terzo giorno di processo relativo al delitto di Aurigeno, ha chiesto che venga respinta l’ipotesi di assassinio, perché quello che è accaduto è stato un omicidio per dolo eventuale. “Sparandogli non voleva uccidere né tantomeno assassinare la vittima, ma fargli male” ha detto la difesa nell’arringa dell’avvocato Fabio Bacchetta Cattori. “Non ha agito né ideando né pianificando l’assassinio, e neanche agendo in modo particolarmente perverso. Si sono invece realizzati i fattori di rischio che erano emersi in incontri che aveva avuto con psichiatri e specialisti”.
"Non si è accorto di averlo colpito"
La difesa è infatti tornata sul suo crollo psichico prima dei fatti, per il quali era peraltro inabile al lavoro sin da luglio 2022. “Da incontri con psichiatri e specialisti era emerso un severo discontrollo dell’impulsività, un malessere con segni di depressione, ansia, insonnia, rabbia, vergogna. E con pensieri suicidi”. Veniva definito “Incapace di gestire l’enorme sofferenza della separazione, delle difficoltà con le figlie e della situazione economica precaria”. Situazione esplosa quella mattina dell’11 maggio quando l’assicurazione lo ha accusato di aver lavorato nonostante la malattia. “E il timore di non ricevere più nulla, con due figli a carico, ha fatto da miccia. Ha però prima di tutto chiamato il psichiatra per chiedere un incontro urgente. Fosse stato determinato ad ucciderlo non avrebbe chiamato”. E i tre colpi? “Non si è accorto di averlo colpito con i primi due, perché hanno sfondato i vetri della porta del corridoio”. L’avvocato ha negato anche la versione dell’ex moglie del messaggio da brividi detto in telefonata dopo l’accaduto.
Il diario personale
Infine Bacchetta Cattori ha citato un diario personale dell’imputato, sequestrato dalle autorità. Anche qui, l’imputato ha ripetuto la versione di averlo voluto ferire, di sentirsi in colpa e di non saperselo perdonare. (L’accusa ha però qui ribadito che il perito aveva letto il diario, e nella perizia ha comunque denotato una mancanza di pentimento).
"Mi dispiace moltissimo"
L’imputato, tramite l’avvocato, ha quindi chiesto di poter continuare la sua terapia in carcere e non ha chiesto una riduzione della pena, ma ha detto che accetterà qualsiasi decisione che la Corte ritiene giusta, per rispetto dei figli e dei famigliari della vittima. “Mi dispiace moltissimo”, ha detto infine con la voce spezzata, “mi scuso con la famiglia, mi scuso con tutti. Se ne avrò modo per questi ragazzi farò di tutto per esserci in tutto i modi possibili, diretti o indiretti. Mi dispiace moltissimo”.
“Non potevano sapere”
In precedenza, hanno fatto le loro arringhe gli avvocati Matteo Poretti e Gianluigi Della Santa, a difesa degli altri due imputati a processo. La loro tesi è che non avrebbero potuto sapere che l’imputato si sarebbe macchiato di un crimine del genere. Il primo ha chiesto il proscioglimento della 34enne accusata di aver fatto da intermediaria tra l’autore del delitto e l’altro imputato, colui che gli ha venduto l’arma. Il secondo, in difesa di quest’ultimo e vista la lista di altri reati, ha chiesto una pena massima di 4 anni. Ha ribadito inoltre il grande rischio, in un processo come questo, di confondere le responsabilità individuali. “La richiesta di pena dimostra che l’accusa vuole far passare un intento di unità tra i tre imputati”, ha spiegato Della Santa, ribadendo: “I reati sono ben diversi”.