
Un mezzo arrocco, o se preferito un “arrocchino”, che ha inevitabilmente lasciato un po’ tutti sorpresi e con tanti punti di domanda ancora in sospeso. E nel suo editoriale, anche il vicedirettore del Corriere del Ticino Gianni Righinetti si pone un interrogativo: “Che cos’è questo mezzo arrocco, per giunta provvisorio, con scambio di Divisioni e competenze tra due Dipartimenti tanto distanti tra loro e due consiglieri di Stato che, prima dell’assurda proposta di un arrocco totale di responsabilità politico-amministrative, non hanno di certo brillato per collaborazione e gioco di squadra (lontano dai periodi elettorali)?” Ieri nella seduta extra muros a Bedretto del Consiglio di Stato, lo ricordiamo, è infatti stata scelta una terza via: uno scambio, quello fra Gobbi e Zali, di dossier, dipendenti e alti funzionari che si ritroveranno a dover temporaneamente far capo a un altro direttore, “con altre idee e diversi obiettivi”, sottolinea Righinetti. “Tutto questo caos (forse nemmeno fino al 2027) è semplicemente ridicolo”. Per il vicedirettore del foglio di Muzzano, di principio l’idea di uno scambio di dipartimenti, “con il beneplacito degli altri tre consiglieri di Stato”, ha dietro una logica di interessi corrisposti “che difficilmente verranno svelati a noi comuni mortali cittadini elettori di questa bizzarra terra del Ticino della politica”.
Righinetti: "Uno smacco che non si può cancellare facilmente"
Una mossa, spiegava il Mattino, ritenuta coraggiosa e voluta per uscire dalla cosiddetta ‘comfort zone’. Ma per Righinetti si tratta “solo di sacrosante 'balle' servite ad arte e che hanno contribuito a fare scorrere in anticipo i titoli di coda su una legislatura già incrinata dalla pochezza dell’azione politica e ostaggio della gazzarra tra partiti in Parlamento. Quadriennio che nessuno potrà ormai salvare dal declino sterile e improduttivo”. A venir particolarmente messa sotto la lente è la mancanza di autocritica da parte della Lega, il cui coordinatore Daniele Piccaluga sarebbe l’ideatore di questo arrocco. “Parole e scritti firmati da Piccaluga lanciando di volta in volta l’amo alla ricerca di qualche pesce boccalone. E quando la pesca andava in bianco, giù a frignare facendo il Calimero. Qui di geniale non c’è proprio nulla”. Una proposta però respinta ieri a Bedretto dal Governo, ma “quella che, a microfoni accesi, potrebbe apparire come una novella a lieto fine, cela settimane di tensioni all’interno del Consiglio di Stato. Un unicum storico, comprese le scuse dopo che Gobbi e Zali avevano infranto la sacralità del potere Giudiziario”. Per Righinetti si tratta quindi di “uno smacco che non si può cancellare con faciloneria, e i due consiglieri di Stato lo sanno, mentre ad altri leghisti questo sfugge”.
Ritzer: "Direttore del DI costretto a ridimensionarsi"
Spostandoci sulle pagine della Regione, anche Daniel Ritzer nel suo commento non ci è andato leggero. Il giornalista sottolinea infatti che "dopo essersi rincorsi a vicenda per giorni, i membri dell’esecutivo hanno infine partorito il 'compromesso' – nonché grande pasticcio amministrativo – in cui ognuno, in teoria, riesce a salvare la faccia, ma dove nella pratica la perdono tutti. I tre esponenti dei partiti storici (PLR -PS-Centro) si sono fatti sfuggire, per mancanza di coraggio, l’opportunità di delineare una nuova maggioranza in governo, mettendo all’angolo i due arrocchisti. Per Norman Gobbi e Claudio Zali, invece, la cessione parziale di alcuni dossier non rappresenta altro che l’ammissione tacita del loro fallimento". Ritzer evidenzia anche come Gobbi veda nella decisione del Consiglio di Stato un atto di sfiducia, simile a quanto avvenuto nel 2024 durante l'inchiesta sulla Polizia cantonale. "Sentito dal procuratore generale in qualità di persona informata sui fatti nell’ambito delle inchieste ex Macello e Hospita, committente dell’indagine parallela su Eolo Alberti, ecco il direttore del DI che ora è costretto a ridimensionarsi". Infine, il giornalista del foglio bellinzonese ha sottolineato che "se ci fosse una classe politica in grado di percepire la gestione istituzionale quale facoltà delegata e non una sua prerogativa, si sarebbe potuto pretendere che in tutto questo processo i consiglieri di Stato si fossero perlomeno chiesti come mai, per decenni, non è stato contemplato nessun tipo di permuta dipartimentale a treno in corsa. Purtroppo, però, per gli uomini e le donne al potere ciò che conta oggi è soltanto rimanere a bordo".