
Sette imputati per una ventina di capi d’accusa, e una durata prevista di tre settimane. Ha avuto luogo oggi a Paradiso il primo giorno del maxi-processo relativo al fallimento, avvenuto nel 2015, della società di costruzioni Adria.
Un buco da 22 milioni di franchi
I principali osservati sono padre e figlio Cambria - allora titolari della ditta - accusati di aver ottenuto illegalmente dei crediti edilizi dalla banca WIR, sperperandoli ad uso personale, ad esempio per l’acquisto di yacht o di un aereo privato. Un altro imputato è proprio l’ex direttore della filiale Luganese della banca WIR, accusato di aver accettato mazzette in cambio di questi crediti citati pocanzi, consegnati senza alcuna garanzia. Comportamenti questi che avrebbero causato un buco milionario - l’atto d’accusa parla di poco meno di 22 milioni di franchi. Principalmente nei confronti della banca WIR, che è presente al processo in qualità di accusatrice privata.
L'atto d'accusa
Nella Corte presieduta da Marco Villa eccezionalmente a Paradiso - visto il numero di persone coinvolte a Palazzo di Giustizia non ci si stava - oggi è stato aggiornato l’atto di accusa e hanno avuto luogo diverse istanze probatorie degli avvocati difensori. Ed è stato proprio L’atto d’accusa a finire al centro delle discussioni. La difesa ha richiesto - come già accaduto in passato - di farlo tornare al Ministero pubblico perché nemmeno in questa formula indicherebbe in modo preciso i fatti e le modalità contestati agli imputati, portando quindi a una violazione del principio accusatorio. La procuratrice pubblica Chiara Borelli ha risposto che il Presidente della Corte Marco Villa non avrebbe convocato il processo se non avesse considerato maturo e privo di vizi l’atto d’accusa, come d'altronde in passato. Un altro punto toccato dalla difesa è quello della disgiunzione di alcuni altri imputati processati in separata sede che - stando ad alcuni avvocati difensori - avrebbero dovuto essere presenti qui oggi. Tra le novità dell’atto d’accusa spiccano la correzione delle cifre che sono cambiate a seguito dell’asta delle proprietà sequestrate (da circa 25 a poco meno di 22 milioni), ma anche la caduta in prescrizione dell’accusa di violazione della LAVS.
La sentenza entro il 20 giugno
Si procederà nei prossimi giorni con l’evasione delle istanze, i colloqui con gli imputati e poi con le arringhe, con la procuratrice pubblica che ricordiamo intende chiedere più di 5 anni di carcere. Infine, il giudice Marco Villa ha ribadito di auspicare che i tempi si possano rispettare e che la decisione sulla sentenza possa arrivare entro giovedì 20 giugno.