Ticino
“Loro gioivano mentre la gente piangeva”
Immagine CdT/Gabriele Putzu
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Filippo Suessli
3 anni fa
Condannati a pene fino a 4 anni gli otto uomini che hanno truffato lo Stato per oltre un milione di franchi richiedendo crediti Covid-19 e indennità per lavoro ridotto non giustificati

“Hanno sfruttato un momento di crisi, un momento in cui la gente aveva paura, un momento in cui non si sapeva quanto sarebbe durato il Covid, un momento in cui si temeva di dover licenziare le persone, un momento in cui alcuni hanno temuto di dover vendere la propria casa per salvare l’azienda”. Il giudice Siro Quadri ha riservato venti minuti di bordate agli imputati del processo per alcune truffe sui crediti Covid-19 che si è concluso oggi a Lugano. Motivando la condanna di tutti e otto gli imputati non c’è andato per il sottile.

“Un’imbarazzante goliardia”
Lo Stato stava aiutando la popolazione offrendo prestiti con pochi controlli e gli imputati in quei primi giorni di crisi, tra marzo e aprile 2020, ne hanno approfittato. Ma non solo, infastidiscono le chat Whatsapp in cui si scambiavano le informazioni in quei giorni. “Si è assistito a un’imbarazzante goliardia di messaggi, con conti alla rovescia e giubilo finale per aver ottenuto dei crediti a cui non avevano diritto. Fa male assistere a questo giubilo in un periodo in cui la gente piangeva. E fa male che questi crediti non siano stati utilizzati per risanare le società, ma per acquistare automobili, quote in società che gestivano night-club, addirittura una targa a tre cifre. È imbarazzante e irrispettoso nei confronti di chi in quei tempi ha avuto paura e ha avuto bisogno dell’aiuto dello Stato”.

“Lo Stato stava salvando la gente”
La corte ha sottolineato anche come lo Stato in quei giorni fosse impegnato a salvare la “gente onesta” e questo rende ancora più grave l’agire degli imputati: “È come rubare in una casa aperta perché il proprietario, impegnato a salvare la popolazione, non ha potuto chiudere”, ha spiegato Siro Quadri.

“Scatole vuote, paraventi, prive di contabilità”
“È vero che non si trattava di regali, ma di prestiti. Ma questo non rende meno grave la situazione”, continua la motivazione della Corte delle assise criminali di Lugano. “Le società che li hanno richiesti nelle loro casse avevano ben poco, è chiaro che in epoca normale non li avrebbero ottenuti”. E ancora: “Quelle società erano scatole vuote, paraventi, prive di contabilità”. Infine, ricordiamo, si trattava di prestiti a tasso zero. Per alcune società il fatturato è stato calcolato anche sommando ciò che negli anni precedenti delle aziende collegate avevano guadagnato in Italia: “È impensabile che si potesse anche solo ipotizzare che la Svizzera avrebbe fatto fronte anche ai guadagni mancati all’estero”, ha detto Quadri.

Anche indennità per lavoro ridotto
A differenza delle sentenze già emesse finora per truffe sui crediti Covid-19, in questo caso si aggiunge un altro tipo di aiuto statale: “È una sentenza particolare perché oltre ai crediti Covid-19 riguarda anche le indennità per lavoro ridotto”, ha chiarito il giudice. Se per i crediti si sono falsificati i fatturati delle aziende, per le indennità sono stati manipolati i resoconti di lavoro dei dipendenti, veri o inventati, delle varie società.

Pene fino a quattro anni
La Corte ha accolto quindi tutte le imputazioni contenute nell’atto d’accusa della procuratrice Raffaella Rigamonti. All’imputato principale, un avvocato italiano, è stata inflitta una pena di 4 anni da scontare e l’espulsione dalla Svizzera per otto anni. Allo svizzero che gestiva una discoteca di Lugano 3 anni (di cui 28 mesi sospesi, quindi uscirà vista la carcerazione già subita). All’altro avvocato italiano, residente in Svizzera tedesca, 2 anni e 6 mesi (di cui 24 mesi sospesi, anche per lui la carcerazione già subita gli permette di non tornare in carcere). Allo svizzero che figurava come amministratore di numerose società implicate sono stati inflitti due anni sospesi. Sei mesi sospesi al dipendente di una ditta di autonoleggi colpevole di complicità per alcune truffe legate a dei leasing. Un anno sospeso al responsabile commerciale del locale notturno di Lugano, espulso per cinque anni dalla Svizzera. Ai due imprenditori italiani che hanno cercato di ottenere un credito Covid, ognuno per la rispettiva azienda, sono toccati un anno a uno e sei mesi all’altro, entrambe pene sospese. Il primo è stato espulso dalla Svizzera per un anno, il secondo no, perché la sua truffa è stata solo tentata.

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