Ticino
Locarno Film Festival: undici giorni di cinema tra premi, anteprime e polemiche
©Chiara Zocchetti
©Chiara Zocchetti
Dal 6 al 16 agosto la 78ª edizione del festival trasforma ancora una volta Locarno nella capitale europea della settima arte.

Come ogni anno, all’inizio di agosto, Locarno si prepara a vivere undici giorni all’insegna del cinema internazionale. La città ticinese si trasforma, accogliendo professionisti, registi, attori e spettatori in un’atmosfera che fonde cultura e festa. Il cuore simbolico e visivo del festival è la Piazza Grande, un teatro all’aperto che può ospitare fino a ottomila spettatori ogni sera. Con il passare degli anni, Locarno si è affermata tra i più importanti festival cinematografici europei, affiancando eventi come Cannes, Berlino e Venezia.

Grandi nomi per una grande edizione

L’edizione 2025 sarà ricordata anche per la presenza di tre figure emblematiche del cinema internazionale. Jackie Chan sarà ospite per ricevere il Pardo alla Carriera e presenterà in Piazza Grande due dei suoi film più iconici. Emma Thompson sarà invece premiata con il Leopard Club Award ed è protagonista del thriller The Dead of Winter, in prima mondiale proprio a Locarno. Anche Lucy Liu sarà omaggiata con un premio alla carriera, offrendo al pubblico un’occasione per rivivere i suoi ruoli più celebri.

Temi forti e sguardi originali

Molti dei film selezionati quest’anno si concentrano su temi legati ai legami umani, ai conflitti e alle vite ai margini. Tra le opere in programma si segnalano racconti di perdita, migrazione, isolamento e amore fragile. Il film d’apertura, previsto per mercoledì sera in Piazza Grande, propone uno sguardo sull’Armenia attraverso la storia personale di una donna in lutto. Altre pellicole arrivano dal Canada, dalla Croazia e dall’Europa centrale, tutte accomunate da un’attenzione alla dimensione emotiva e intima dei personaggi.

La sorpresa della selezione Kechiche

Ha fatto discutere anche la decisione del festival di inserire nel Concorso internazionale Mektoub, My Love: Canto Due di Abdellatif Kechiche, capitolo finale di una trilogia iniziata anni fa. La scelta ha colto di sorpresa la stampa internazionale, soprattutto in considerazione delle polemiche che avevano accompagnato la presentazione della seconda parte a Cannes nel 2019, per via di alcune scene particolarmente esplicite. Locarno punta così su un titolo forte e controverso, nel solco di una tradizione che non ha paura di rischiare.

Una forte presenza svizzera

Anche il cinema svizzero è ben rappresentato, con titoli che mirano ai principali premi del festival. In concorso c’è, tra gli altri, il nuovo film del regista Fabrice Aragno, già assistente di Jean-Luc Godard, che racconta una traversata in barca a vela sul Lemano vissuta da una coppia. Un’altra pellicola svizzera in gara esplora invece l’infanzia negli anni ’90, attraverso lo sguardo di due registe italiane. La creatività elvetica trova spazio anche nella sezione Cineasti del presente, dove la regista zurighese Jacqueline Zünd immagina un mondo in cui le relazioni umane sembrano diventate impossibili.

Serie tv, documentari e sguardo sul paese

Quest’anno sono ventotto le produzioni svizzere incluse nel programma, un numero leggermente inferiore rispetto all’edizione 2024. Tra queste si distingue The Deal, l’unica serie selezionata dal festival e la prima a essere proiettata in Piazza Grande. Firmata dal regista Jean-Stéphane Bron, racconta i negoziati tra Stati Uniti e Iran sul programma nucleare del 2015. Lo stesso autore presenta anche un documentario dedicato alla ristrutturazione di un cinema parigino, progetto curato dall’architetto Renzo Piano. La sezione Panorama Suisse completa l’offerta nazionale con titoli che hanno fatto parlare di sé nei festival o che meritano una seconda occasione.

Una polemica che parla d’amore per il festival

Non è mancata una polemica, innescata dalla decisione di sostituire il grande schermo storico della Piazza Grande, progettato nel 1971 dall’architetto Livio Vacchini. Il direttore artistico ha chiarito che non si tratta di una rimozione definitiva, ma di un necessario rinnovamento tecnico e logistico. Sorprende l’intensità delle reazioni suscitate, ma per gli organizzatori è anche il segnale di un profondo attaccamento da parte del pubblico alla tradizione del festival e a quello spazio simbolico dove ogni sera si celebra il rito collettivo del cinema.