
Un messaggio di dialogo: è quello che arriva dall’amministratore apostolico Mons. Alain de Raemy in occasione del Natale che ci apprestiamo a festeggiare. "Vediamo come va il mondo: incomprensioni, opposizioni, inimicizie. Serve tanto dialogo e credo sia proprio questo il messaggio di Natale. Dio è venuto attraverso la persona di Gesù a condividere la nostra umanità e ciò è anche un modo di dialogare con noi, di farsi vicino, di non lasciarci aver paura di un Dio immenso, al di là di tutto. Siamo invece in presenza di un Dio che si rende così vicino da essere un bambino tra noi”.
È stato un anno segnato di nuovo dalle guerre. Qual è il ruolo della Chiesa?
“Ogni cristiano ha un ruolo fondamentale. Se si comporta da cristiano, dovrebbe essere capace di amare il nemico. Questo è un messaggio completamente rivoluzionario e anch’io talvolta non capisco come i discepoli siano rimasti con Gesù dopo che lo ha pronunciato. Come si può amare, ad esempio, chi ha fatto del male al proprio figlio? Ma dobbiamo capire che non significa giustificare l’ingiustificabile, bensì non rispondere al male se non con del bene”.
Come si può continuare ad avere speranza?
“La speranza l’abbiamo proprio perché crediamo che il mondo non sia unicamente nelle mani degli uomini, bensì in quelle di Dio, il quale si è avvicinato al punto da farsi uomo, da resuscitare dai morti. Se la dinamica di questo mondo incomincia con la nascita di ogni uomo e finisce con la sua morte, e noi crediamo che la morte sia la porta aperta sull’eternità, allora tutto ha un senso”.
Questo 2025 è stato segnato dall’elezione a maggio del nuovo Papa. Si è già vista la sua impronta?
“Sì, perché mi sembra un Papa che lavora tanto dietro le quinte ed è molto efficace nel contatto diretto con le diverse realtà. E questo lo può fare, anche a livello internazionale, grazie alla sua conoscenza dell’inglese; non è un aspetto indifferente. Anche l’esperienza missionaria fatta in Perù è molto importante per lui, poiché gli ha fornito la comprensione di cosa significa vivere in determinate condizioni".
Da tre anni ormai lei è amministratore apostolico e questo è un dossier sul tavolo del papa: a che punto siamo?
“È vero, la scelta definitiva non è stata fatta. Il Papa conosce il dossier in quanto in passato è stato a capo del Dicastero che si occupa di tali nomine. Sa quindi di cosa si tratta e questo è un vantaggio, anche se immagino che abbia tante altre nomine da effettuare nel mondo”.
Ma lei come si trova qui in Ticino?
“A me piace, sto benissimo e resterei qui, ma preciso che ho sempre risposto alla chiamata della Chiesa e questo mi dà una libertà interiore eccezionale. Per me è fondamentale per stare bene, perché funziona così per noi: non siamo candidati a diversi posti. Non si fa come nel civile, per una ditta o un posto in Cantone. No, ti viene fatta una chiamata e tu non sei un candidato: sei un prete o un vescovo disponibile per la Chiesa e per ciò che ti chiede”.
L'intervista completa a Mons. de Raemy:
