Ticino
Licenziata dopo il congedo maternità, vince in appello
Licenziata dopo il congedo maternità, vince in appello
Licenziata dopo il congedo maternità, vince in appello
Redazione
7 anni fa
Una mamma ticinese lasciata a casa il giorno del suo rientro al lavoro ha ottenuto un risarcimento

Una madre ticinese licenziata dopo essere rientrata dal congedo maternità ha ottenuto ragione in Appello dopo una lunga battaglia giudiziaria. La donna, assunta il 1° ottobre 2008 come assistente marketing, aveva partorito il terzo figlio a inizio gennaio 2014 e aveva ripreso il lavoro il 28 aprile seguente. Lo stesso giorno la datrice di lavoro le aveva però consegnato una lettera con cui la licenziava per il 30 giugno, decisione che le aveva causato uno scompenso ansioso-depressivo sfociato in un’inabilità al lavoro fino al 1° novembre 2014, data alla quale ha preso effetto il licenziamento.

Il 13 maggio 2014 la mamma ticinese aveva respinto un accordo offertole dal datore di lavoro e aveva contestato il licenziamento, ritenendolo abusivo e discriminatorio, e aveva quindi presentato istanza di conciliazione all’Ufficio di conciliazione in materia di parità dei sessi. L'istanza non aveva avuto esito positivo e la vicenda era approdata in Pretura.

La donna aveva chiesto un indennizzo 30'136.83, equivalente a sei mesi di stipendio lordo per licenziamento abusivo e discriminatorio a causa della sua terza gravidanza e dalla sua richiesta di ridurre l’orario lavorativo per allattare. La ditta datrice di lavoro, dal canto suo, aveva contestato i fatti esposti sostenendo che già nel 2013 erano sorti problemi sul posto di lavoro per il comportamento lavorativo “ostile, ostinato, estenuante e non collaborativo” della dipendente. Il 25 ottobre 2016 il Pretore aveva tuttavia ritenuto che la donna non avesse reso verosimile il licenziamento discriminatorio, mentre la datrice di lavoro aveva provato che lo stesso era stato deciso per "questioni relative alle prestazioni lavorative prima ancora di conoscere la gravidanza".

La mamma, patrocinata dall'avv. Nora Jardini, aveva quindi ricorso contro questa decisione in un appello datato 28 novembre 2016, ottenendo finalmente giustizia. Con sentenza del 7 maggio scorso pubblicata oggi la seconda Camera civile del Tribunale d'appello le ha parzialmente dato ragione. I giudici cantonali hanno evidenziato come la donna, nel 2013, versasse in difficoltà finanziarie derivanti dal divorzio in corso, “tanto che aveva chiesto anticipi sulla tredicesima mensilità e acconti sullo stipendio, oltre alle ripetute richieste di avere un adeguamento dello stipendio e il versamento delle provvigioni sulla vendita tutte rifiutate”.

Nella valutazione, ha spiegato la Corte, si deve inoltre tener conto del comportamento della datrice di lavoro, “che non ha avuto remore nel licenziare la collaboratrice, madre di famiglia monoparentale, sorprendendola proprio il giorno stesso del rientro al lavoro dopo il congedo maternità con la lettera di licenziamento e un accordo di disdetta”. Si deve anche considerare che il licenziamento, “giunto all’improvviso senza avvertimenti, ha avuto sulla salute della lavoratrice importanti conseguenze”. Soppesando tutte le circostanze, si può riconoscere alla lavoratrice un’indennità pari a circa quattro mesi di stipendio lordo, ovvero 20'100 franchi al posto dei 30'136.83 inizialmente richiesti.

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