
La caccia è una passione che accomuna moltissimi ticinesi. Solo nel 2019 sono state rilasciate 4’247 patenti totali. Le norme attuali risalgono al 1986 ma da allora il contesto è cambiato. Il Parlamento ha elaborato una revisione della legge sulla caccia, in votazione il prossimo 27 settembre.
Noi abbiamo raggiunto Sandro Rusconi, professore emerito e presidente del Comitato ticinese “Sì alla legge sulla caccia”, per capire quali sono le motivazioni di chi vuole cambiare questa legge.
Cosa andrebbe a cambiare?
Con la nuova legge vengono introdotte delle misure di protezione degli ambienti e della fauna, segnatamente il finanziamento di corridoi faunistici, zone di riposo per uccelli migratori e studi di monitoraggio scientifico. Vengono introdotti in tutta la Svizzera criteri più rigorosi per l’attività venatoria come il superamento regolare degli esami di tiro e l’obbligatorietà di una ricerca accurata della selvaggina eventualmente ferita. Le multe per non ossequiare quest’ultimo punto sarebbero salatissime e possono raggiungere i 20’000 franchi.
Sono sanciti i principi fondamentali per la regolazione delle specie protette (che rimangono tali): competenza di definizione al Consiglio federale e non più al parlamento; trasferimento della competenza esecutiva ai cantoni che oltre a dimostrare che i requisiti sono comprovati, devono però sentire il parere dell’UFAM. Le eventuali decisioni di abbattimento rimarranno aperte a eventuali ricorsi, anche da parte delle associazioni che hanno indetto il referendum.
Ai referendisti rimangono indigesti la discrezionalità assegnata al Consiglio federale per formulare attraverso l’Ordinanza le specie regolabili e le modalità di regolazione e la competenza assegnata ai cantoni per l’esecuzione delle misure di regolazione.
Questi due principi permettono una procedura flessibile e mirata, ciò che non è il caso con la legge attualmente in vigore.La campagna pro referendum si concentra appunto su questi due punti e naturalmente non menziona gli aspetti positivi citati all’inizio. Inoltre, tende a fare volutamente confusione fra specie “cacciabili” e specie “regolabili”. L’iconografia e gli slogan utilizzati inducono a pensare che la nuova legge possa portare allo sterminio di alcune specie, mentre in effetti è esattamente il contrario.
Non è sufficiente la legge in vigore oggi?
L’attuale legge risale al 1986, 34 anni fa, e molte cose sono cambiate da allora. È quindi ovvio che necessitava di un aggiornamento, che è stato fatto da specialisti in materia ed è un saggio compromesso, tipicamente svizzero. Niente di rivoluzionario, che permetterà però di mantenere un ragionevole equilibrio tra i diversi interessi e una migliore convivenza tra la fauna selvatica e i diversi fruitori della natura. Le popolazioni di specie protette, in particolare lupi e stambecchi, sono aumentate in modo esponenziale causando sempre più conflitti con l’allevamento, la selvicoltura, la caccia, la pesca e in generale tutta la popolazione. La revisione della legge permetterà di regolare anche le specie protette, solo laddove necessario e senza mettere in pericolo la popolazione, e vi sarà una delega ai Cantoni per la loro regolamentazione, ma sempre e soltanto a determinate condizioni e previa consultazione con l’Ufficio Federale dell’Ambiente. Proprio come ora, vi sarà ancora la possibilità di ricorrere da parte delle associazioni ambientaliste e di esigere la verifica della legittimità delle decisioni di abbattimento. Per concludere, la legge in vigore è carente sotto molti punti di vista ed assegna le responsabilità in maniera centralistica, che male si addice alle nuove condizioni che si sono venute a formare dopo il ritorno dei grandi predatori.
Non c’è il rischio che vengano abbattuti lupi (o altri animali) con più facilità?
Non c’è nessuna “facilitazione” rispetto alle norme attuali. I criteri quantitativi per definire la problematicità di un lupo rimangono i medesimi di oggi. Il margine di manovra dei Cantoni rimane comunque limitato. L’abbattimento preventivo per il mantenimento delle dimensioni di un branco e per diminuire il numero di esemplari che vengono allontanati e diventano problematici è già possibile sin d’ora. Come esempio possiamo citare l’autorizzazione alla diminuzione di 4 esemplari del branco del Beverin ottenuta dal Canton Grigioni nel 2019. Cambiano invece la tempestività e la specificità con la quale si potrà intervenire, siccome saranno i Cantoni a poter determinare quali siano i casi che meritano misure di contenimento. Comunque, nella nuova legge, permane l’art. 7a che recita espressamente: “Tali regolazioni non devono mettere in pericolo l’effettivo della popolazione e devono essere necessarie per (a) la protezione degli spazi vitali o la conservazione della diversità delle specie, (b) la prevenzione di danni o di un pericolo concreto per l’uomo, (c) il mantenimento di effettivi adeguati di selvaggina a livello regionale”. Le paure di uno “sterminio” sono quindi assurde e infondate.
L’attuale legge dà problemi a contadini e allevatori? Se sì, l’unica soluzione è cambiare questa legge?
Questa nuova legge non rappresenta una “soluzione” veramente radicale per il problema dei grandi predatori, ma permette di guardare al futuro con meno pessimismo in quanto introduce il principio di una regolamentazione degli effettivi di lupi presenti nei vari cantoni e dei danni che provocano all’allevamento tradizionale. Concede delle speranze, perché la situazione dei grandi predatori al momento è ingestibile e non si può andare avanti così. Nel nuovo dispositivo, sia le indennità per la perdita di animali predati sia il conteggio dei medesimi ai fini di una giustificazione di abbattimento soggiacciono al fatto che questi animali siano stati protetti da misure “ragionevolmente esigibili”. Ciò obbliga i Cantoni ad allestire un censimento completo delle aziende e degli alpeggi per definire appunto tale “ragionevolezza”. È da molto tempo che si attende questo accertamento, che è finalmente partito nel 2020. Lo studio di Agridea del 2017 ci permette di prevedere che la maggioranza degli alpeggi ticinesi, circa i due terzi, sarà dichiarata “non proteggibile” e per questi casi si dovranno cercare delle soluzioni specifiche e diverse.
Cosa comporterebbe cambiare? E non cambiare?
Se si metterà giustamente in funzione la nuova legge si potrà fare gradualmente chiarezza sulle modalità di convivenza fra il lupo e l’allevamento e potranno venire affrontati con serenità anche gli altri settori dove sussiste un conflitto fra proliferazione eccessiva di talune specie e attività umane. Anche nel resto d’Europa, i paesi che hanno visto il ritorno del lupo prima di noi si stanno rendendo finalmente conto della gravità della situazione e si stanno dotando, con estremo ritardo, di piani d’abbattimento mirati che vanno fino al 20% delle popolazioni di lupi presenti. Quindi impariamo dagli errori altrui. Se invece il popolo sarà a favore del referendum, la legge attuale, non più al passo coi tempi (è del 1986 quando la situazione e il numero di animali erano ben diversi) e con i gravi problemi che comporta per l’allevamento, rimarrebbe in vigore ancora per molto, troppo tempo.
© Ticinonews.ch - Riproduzione riservata