Votazione
Le aperture dei negozi continuano a dividere
Redazione
2 anni fa
Il 18 giugno i ticinesi saranno chiamati ad esprimersi su una modifica della legge di apertura dei negozi. Il tema da sempre divide politica e cittadini. Per estendere gli orari fino alle 19 sono serviti dieci anni di battaglie, referendum e ricorsi. Questa volta sarà diverso? A confronto il presidente del PLR Alessandro Speziali, favorevole alla modifica, e il sindacalista Giangiorgio Gargantini, contrario.

Se esistesse un concorso dedicato ai temi più divisivi, gli orari di apertura dei negozi sarebbero certamente sul podio. Gli svizzeri sono stati chiamati ad esprimersi diverse volte sul tema e il Ticino non fa eccezione. Dal primo gennaio 2020 i negozi alle nostre latitudini chiudono alle 19 in settimana, mentre alle 18.30 al sabato. Quello che forse in pochi ricordano è che per ottenere quella mezz’ora in più ci erano voluti anni di mal di pancia e discussioni.

L’accordo del 2015

Arrivare con un accordo in Gran Consiglio nel marzo del 2015, ad un soffio dalla fine della legislatura, si era rivelato lungo e complicatissimo, dopo anni e anni di lavoro della sottocommissione negozi. All’epoca si era deciso di concedere l’estensione ad una condizione: l’introduzione di un contratto collettivo di obbligatorietà nel settore della vendita. Legare l’entrata in vigore di una legge giuridicamente parlando era questione fumosa. Oggi sappiamo che non si può fare. O almeno così ha sentenziato il Tribunale federale.

Il 28 febbraio 2016 anche il popolo aveva dato il suo via libera bocciando il referendum lanciato da UNIA contro la decisione del Gran Consiglio. È fatta, avrà pensato qualcuno. Un clamoroso errore di valutazione. Non solo non era stato semplicissimo accordarsi tra le parti sociali: persino trovare il quorum necessario non si era rivelato una passeggiata. Serviva infatti il via libera della maggioranza dei datori di lavoro e anche i lavoratori vincolati dal Ccl dovevano essere più del 50%. Ai tempi non esisteva neppure un censimento della attività commerciali: si era dovuto costruirlo da zero. Poi c’erano stati i dubbi della Seco, le opposizioni e i ricorsi di UNIA. Morale della favola: tra il voto del Gran Consiglio e l’effettiva entrata in vigore erano passati quasi cinque anni. Da quando se ne era iniziato a discutere in commissione gli anni erano almeno una decina.

La modifica di legge in votazione il prossimo 18 giugno

Questa volta l’iter per la modifica di legge in votazione il prossimo 18 giugno è stato decisamente più semplice. L’idea di portare da tre a quattro le domeniche nelle quali i negozi possono restare aperti fino alle 19 e quella di aumentare il numero di negozi che hanno diritto ad accedere alle deroghe previste per le località turistiche, al confronto, è andata via quasi come una lettera alla posta. Solo un dettaglio: nel 2015 ad osteggiare l’estensione oltre alla sinistra c’era soltanto UNIA. Questa volta tra le file di contrari presenzia anche l’OCST.

Il confronto tra favorevoli e contrari

A Ticinonews il presidente del PLR Alessandro Speziali, favorevole alla modifica, e il segretario regionale di Unia Giangiorgio Gargantini, si sono confrontati sul tema. “La prima cosa che ci infastidisce è dire che non c’è una rivoluzione”, sottolinea Gargantini. “Anche nella precedente legge si è parlato di una mezz'ora in più, ma in realtà si è ottenuta l'apertura generalizzata per tutti i negozi al di sotto dei 200m2, ovvero dalle 06.00 fino alle 22.30 per 365 giorni all'anno. Adesso si parlerà di una domenica in più, mentre in realtà l’oggetto centrale di questa riforma è il raddoppio della superficie e l’apertura generalizzata 7 su 7 per tutti i negozi al di sotto dei 400m2. Potenzialmente significa la stragrande maggioranza dei negozi ticinesi. Si tratta di un grosso cambiamento che dal nostro punto di vista è unicamente negativo”. Di tutt’altro avviso Speziali, secondo cui si tratta di un adeguamento a una società che cambia. “Per noi è aggiornamento delle regole del gioco. Questa nostra proposta è nata nella scia del Covid e delle difficoltà che hanno colpito i commerci e il dinamismo dei centri città e dei paesi periferici. La modifica di legge ci sembra un impulso misurato e ragionevole a sostegno del commercio, del turismo e dell'attrattività del nostro territorio. Ci è sembrato saggio proporlo, gli stessi commercianti mi sembrano a grande maggioranza favorevoli. Non si tratta inoltre di sancire il dovere di rimanere aperti, ma dare la libertà e la possibilità di rimanere aperti. Se poi questa scelta sarà premiata, i negozi continueranno a tenere maggiormente aperto, se sarà inutile possono benissimo tenere le serrande abbassate”.