
Oggi ricorre la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne. Una giornata di riflessione e sensibilizzazione molto importante che porta alla luce tantissimi aspetti della società in cui viviamo che andrebbero, però, modificati. Il primo tra i quali il racconto giornalistico di una violenza. Per fortuna se ne leggono sempre meno, ma spesso nel racconto di una violenza subita è la vittima a doversi sentire in colpa, in difetto e il carnefice invece ha sempre un “motivo valido”, una scusante.
I colleghi di Teleticino per parlare proprio di questo importante aspetto hanno chiesto a Gabriella Priulla, sociologa italiana, come si possa spiegare questo tipo di narrazione. “La parola giusta è il patriarcato, il patriarcato è sostanzialmente uno sguardo androcentrico sul mondo, cioè guarda il mondo solo con gli occhi solo dei maschi”, sottolinea Priulla. “Le donne sono state cancellate per tutta la storia da tutte le tradizioni, sia religiose che letterarie, e questo è così duro a morire perché parte da un presupposto antico, ovvero che le donne siano esseri deboli intellettualmente, fisicamente e moralmente e che quindi vadano controllate. Non si ammazza una donna dolce, remissiva, ma si ammazza una donna che non fa quello vorresti che lei facesse e questo è ciò che condividono tantissimi uomini”. “Quando interviene una frustrazione qualsiasi, ti ribelli e quindi vai rimessa al tuo posto”, aggiunge la sociologa.
Un ragionamento che non viene fatto solo dagli uomini, ma anche dalle donne. “Non stiamo facendo una guerra tra maschi e femmine, stiamo contestando una cultura in cui siamo stati immersi tutti”, prosegue. “Ci hanno insegnato per secoli che i bisogni degli altri venivano prima dei nostri, addirittura una volta c’era il dovere coniugale”, sottolinea. “Tutte le donne sono immerse in questa cultura, comprese le giornaliste che portano avanti una narrazione del genere”.
Una delle domande più ridondanti nella testa di chi lotta per debellare il patriarcato, a favore di una società femminista, è il quando avverrà questo cambiamento radicale. “Oggi ne stiamo parlando, ma fino a poco tempo fa era una cosa invisibile. C’è bisogno di un lavoro educativo molto faticoso, bisogna parlare con i ragazzi e con le ragazze. Cambiare gli stereotipi, i modelli antichi”, sottolinea. Ma questa è senza dubbio un’operazione lenta, che richiede tempo ed è molto faticosa. Ma, conclude Priulla, “è una cosa che va fatta tutti i giorni a piccole dosi e non solo il 25 novembre”.
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