
Pensavamo che l’estate sarebbe stato un periodo tranquillo sul fronte Covid. Ma i casi sono in aumento. Solo nell’ultima settimana si sono registrati oltre 2’000 contagi. A inizio giugno erano poco più di 300 i casi settimanali. Anche i ricoveri sono in crescita: se nella prima settimana di giugno si contavano 34 pazienti in ospedale, ora sono 80, di cui 6 si trovano in cure intense (una settimana fa vi era un solo paziente). Come leggere questi dati? I colleghi di Ticinonews hanno interpellato il medico cantonale Giorgio Merlani per fare il punto della situazione. “I dati sono da mettere in relazione alla variante che circola attualmente (BA.4 e BA.5, ndr), che è più contagiosa di Omicron. È una variante che presenta anche una certa immunoevasione: le persone che sono state vaccinate o che si sono già ammalate non sono così protette e possono lo stesso fare l’infezione, anche se il decorso è meno grave. Questi due elementi e il fatto che le misure di restrizione (come mascherine, limitazioni di movimento, isolamenti e quarantene) non esistono più, fanno quasi 2’000 casi alla settimana”.

Si può dire che siamo di fronte a una nuova ondata?
“Non parlerei più di ondate e del loro significato. Quello che per noi è importante è che ci sono più casi, i quali hanno un impatto sugli ospedali, anche se non è paragonabile alla prima o seconda ondata. Sono comunque 80 le persone ricoverate attualmente. La mortalità è molto più bassa, così come la probabilità di essere ricoverati in terapia intensiva. Le degenze sono spesso anche più brevi. Tra i pazienti ci sono anche persone vaccinate, che grazie alla vaccinazione hanno dei decorsi più blandi. L’impatto sugli ospedali c’è, ma è diverso rispetto alle ondate precedenti”.
Questa sottovariante di Omicron è già predominante in Ticino? Quali sono le sue caratteristiche?
“Sì, è la variante dominante attualmente. Si parla già di una nuova variante, che da noi non è ancora arrivata. Quella che circola attualmente è molto più contagiosa di quelle precedenti, ma non parlerei di gravità. La parte “fastidiosa” è che è immunoevasiva. Il vaccino dà ancora una protezione da un decorso più grave, ma non dalla probabilità di infettarsi e infettare gli altri. Il vaccino serve solo a proteggersi da decorsi severi”.
I dati sono reali o sottostimati? L’impressione è che la gente si faccia testare meno...
“Sì, le persone si fanno testare di meno. Gli esperti che facevano parte della Task-Force (ora formalmente non esiste più) dicono che la percentuale di positività sui test effettuati in Ticino è sul 30%. Ma si stima che la cifra reale sia di cinque o sei volte maggiore. Se abbiamo avuto 2’000 casi in una settimana, i numeri reali sono probabilmente più vicini ai 10mila”.
Ieri da Berna è arrivata la raccomandazione di vaccinare con un secondo richiamo le persone più fragili. Ve lo aspettavate?
“Questa è una domanda trabocchetto. Ci aspettavamo che qualche contromisura sarebbe stata messa in campo visto l’impatto misurabile sugli ospedali. Abbiamo ricevuto poche ore prima della conferenza stampa informazioni in merito. Nei prossimi giorni forniremo maggiori dettagli su come sarà organizzata questa campagna”.
Condivide questa decisione considerato che non c’è un nuovo vaccino contro le varianti in circolazione?
“Credo che sia giusto offrire la possibilità alle persone più vulnerabili di farsi vaccinare. La scelta se farlo ora o a settembre è difficile da prendere in tutta onestà. Un vaccino ora dà qualche anticorpo in più e una protezione leggermente superiore per le persone fragili, anziane e che si sono vaccinate tempo fa. Ma non produce anticorpi più efficaci sulla variante attualmente in circolazione. Preferirei avere il nuovo vaccino adesso. Ma non lo abbiamo”.
I vaccini basteranno oppure occorre richiamare le vecchie abitudini che sembra abbiamo dimenticato?
“Richiamare le vecchie abitudini è sempre buono. Ma non sono tanto dell’idea che tutto sia bianco o nero. Se potessimo essere un po’ più attenti, con delle misure intermedie, credo riusciremo a contenere l’andamento. Penso ad esempio all’igiene delle mani, al distanziamento e alle mascherine al chiuso, negli spazi angusti e sui mezzi pubblici. Questo ci permetterebbe di avere meno casi e meno preoccupazioni. Sono misure facili da mettere in atto e non pesanti da tollerare”.
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