
Se il risultato delle elezioni per il Consiglio di Stato aveva fatto tirare un sospiro di sollievo alla Lega, che anche grazie all’alleanza con l’Udc era riuscita a garantirsi due Consiglieri di Stato leghisti almeno fino al 2023, le elezioni per il Gran Consiglio sono state una batosta. Una sorprendente batosta. Nessuno infatti avrebbe mai immaginato che la Lega avrebbe perso ben 4 seggi in parlamento.
Se in Via Monte Boglia l’umore non è certo dei migliori gli altri partiti, PS e Plr in primis, hanno accolto con non poca soddisfazione la perdita di consensi in casa leghista. Addirittura c’è chi ha parlato della fine dell’”effetto Nano” e di crisi del Movimento che per anni ha vinto ogni tornata elettorale.Le causeMa è davvero l’inizio della fine? Basarsi su una sola sconfitta elettorale, seppur così significativa, sarebbe a dir poco semplicistico. Anche perché la prossima legislatura vedrà comunque due leghisti all’interno dell’esecutivo e questo rimane un vantaggio non indifferente sulle concorrenti. Indubbiamente però qualcosa è successo, mettendo in discussione quella fiducia indiscriminata che l’elettorato aveva nei confronti della Lega.
E difficilmente, come invece sostengono molti politici anche d’oltreconfine come Lara Comi (che dimostra ancora una volta di parlare troppo del Ticino rispetto alle sue reali conoscenze), la causa sarebbe da ritrovarsi nei continui attacchi ai frontalieri e a “Fallitalia”. Se così fosse l’Udc, il partito di Bala i Ratt, del 9 febbraio e di Prima i Nostri, non avrebbe guadagnato due seggi in Gran Consiglio.
Non si può neanche dire che sia dovuto alle difficoltà dei leghisti quando si tratta di governare. Semplicemente perché non sarebbe vero: nonostante qualche critica, inevitabile quando si è al Governo, sia Norman Gobbi che Claudio Zali hanno portato avanti i loro progetti dimostrandosi due veri uomini di Stato. E, anche se alcune loro decisioni possono essere considerate da altre fazioni politiche degli errori, non sarebbero comunque tali da giustificare un tracollo simile. E, anche nei vari Comuni, Lugano in primis, la Lega ha saputo dimostrare di sapere passare dall’opposizione barricadera al compromesso governativo.
Una cosa è certa: a differenza delle altre legislature dove si parlava di ristorni, di padroncini e di appaltopoli, l’agenda politica non è stata dettata dalla Lega. Argo 1, la vicenda dei rimborsi, le Pensioni dei Consiglieri di Stato… tutti temi che altri politici, Matteo Pronzini in primis, hanno saputo cavalcare conquistando l’elettorato, che se prima optava per la Lega per il proprio voto di protesta, a questo giro ha preferito rivolgersi verso altri partiti più piccoli e “indipendenti” dalle logiche di Palazzo, ritenendo probabilmente il Movimento di Monte Boglia ormai alla stregua dei “partitoni” che anni fa con tanta veemenza combatteva.
Un voto di protesta, con il totale dei voti ai partiti di cui sopra come Più Donne, MPS, Partito Comunista, Montagna Viva, Verdi Liberali, Lega Verde e Spazio ai Giovani che ha raggiunto l’8.82% (nel 2015 i partiti piccoli credibili erano sotto il 4%), facendo inesorabilmente perdere consensi non solo alla Lega ma anche a Plr e PPD, con esponenti del PS che ritengono di aver vinto solo perché non hanno perso seggi (occorrerebbe però ricordare loro che per buona parte della votazione sembravano molto vicini a perdere un seggio: attenzione prima di parlare di inversione di tendenza).
Sembrerebbe quindi che comunicativamente la Lega avrebbe perso smalto: di certo non hanno aiutato, per esempio, le uscite di Paolo Sanvido, sorridente su Facebook durante le polemiche per gli SMS, o di Gianmaria Frapolli, che abbandona il Gran Consiglio dopo aver ottenuto nomine in importanti Cda. Fossero stati di altri partiti, ci sarebbe da credere che il Mattino avrebbe riservato qualche feroce stilettata ai loro rappresentanti che, alla prova dei fatti attesa dagli elettori, non si sono comportati in modo troppo diverso dai loro colleghi dei tanto criticati “partitoni storici”.
Lega 2.0Ma allora la Lega è in un vicolo cieco, destinata a vivere la parte discendente della sua storia? Chi la pensa davvero così, magari in modo speranzoso, forse pecca un po’ troppo di ottimismo. E’ vero che il gruppo in Gran Consiglio si è ridotto, passando da 24 a 20 seggi. Ma sembra aver salutato elementi “disturbanti” per il partito come Cleto Ferrari e Patrizia Ramsauer alzando sensibilmente la propria qualità: tra le fila della deputazione leghista sono infatti arrivati Eolo Alberti, sindaco che sta facendo molto bene a Bioggio, e il segretario agricolo cantonale Sem Genini, persona molto seria e competente. Inoltre sono entrati due giovani di belle speranze, Stefano Tonini e Andrea Censi.
Peraltro, la batosta elettorale di aprile potrebbe essere presto lasciata alle spalle. A ottobre infatti si vota per le Federali e la Lega ha la seria possibilità di riuscire a far eleggere un proprio Consigliere agli Stati. Se così dovesse accadere, si parlerebbe ancora di crisi leghista? Probabilmente la realtà sta nel mezzo: la Lega non è sul baratro, tuttavia si trova di fronte a una nuova fase della sua storia che le sta mettendo di fronte qualche sfida a cui dovrà affrontare con molta attenzione.
A partire dal ricambio generazionale: Gobbi, Zali, Borradori, Foletti, Quadri e Pantani continueranno ad assicurare al partito un importante quantitativo di voti. Ma dopo di loro chi c’è? Il Movimento Giovani Leghisti è uno dei più attivi e coesi del Cantone, con tanti giovani entusiasti e in gamba ma, a parte Bignasca, Rückert e Guerra, se non vogliamo considerare Caverzasio un “diversamente giovane”, gli altri non sembrano ancora abbastanza maturi politicamente per sopperire all’enorme carisma dei predecessori e per fronteggiare i tanti giovani che, ad esempio, il Plr sta curando da anni. La Lega ha tuttavia 4 anni per lavorare in questo senso, a partire dai suoi neo eletti in Gran Consiglio.
E poi il Movimento fondato da Giuliano Bignasca ha assoluta necessità di recuperare la sua anima. Non quella sociale, che a dispetto delle critiche in realtà ha sempre mantenuto, quanto quella popolare. La Lega è partita dal basso, scendendo in strada e coinvolgendo tutti, a partire dalle classi sociali più deboli. Oggi invece sembra che ci sia stato un imborghesimento generale ed è piuttosto facile trovare un nutrito numero di leghisti in qualche aperitivo di alto standing , magari in occasione di eventi che il Nano ha ferocemente combattuto negli anni. Non che sia un peccato mortale, ma è inevitabile che questo possa non essere visto così bene da quella parte di elettorato che da certi ambienti si sente esclusa e che anzi, ha sempre voluto combatterli votando Lega.
L’equilibrio è sottile, ma da questo dipenderà il futuro della Lega che, dopo 25 anni, dovrà decidere se omologarsi anch’essa a partitone storico, continuando a garantirsi un buon numero di seggi, facendo le proprie battaglie ma senza quelle vibrazioni e quello spirito ribelle che hanno entusiasmato per anni i suoi sostenitori. L’alternativa è togliersi giacca e cravatta e ricominciare a fare la Lega, dimostrando di saper stare all’interno delle Istituzioni, rinunciando tuttavia a certi compromessi e ai benefici che essi portano. Ma tutti gli esponenti leghisti sarebbero davvero disposti a farlo?
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