Società
"La Clessidra", un Centro "necessario per dare una seconda possibilità ai giovani minorenni"
©Chiara Zocchetti
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Redazione
2 mesi fa
Luce verde dall'Ufficio federale di giustizia al concetto pedagogico del futuro Centro educativo chiuso per minorenni di Arbedo-Castione, le cui pratiche per la progettazione verranno ora avviate. "Una struttura che vuole reinserire nella società anche chi rischia di perdersi", spiega il capo dell’Ufficio del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani.

"La Clessidra", il Centro educativo chiuso per minorenni di Arbedo-Castione, è ora un passo più vicino alla realtà. Il 18 marzo, infatti, il Consiglio di Stato ha licenziato il rapporto di aggiornamento all’attenzione del Gran Consiglio dell’avvenuta approvazione del concetto pedagogico del Centro da parte dell’Ufficio federale di giustizia. Un'approvazione che, viene spiegato dal Cantone, "consente l'avvio delle pratiche per la progettazione definitiva della struttura" che sarà gestita dalla Fondazione Antonia Vanoni. Una struttura "necessaria perché anche in Ticino ci sono diversi giovani che provengono da famiglie in grossa difficoltà e che acquisiscono comportamenti a rischio per loro stessi e per gli altri", spiega a Ticinonews Marco Galli, capo dell’Ufficio del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani. "Per questi casi una struttura più contenitiva, ma dalla forte valenza educativa, è sicuramente più indicata".

Il concetto pedagogico de "La Clessidra"

Il concetto alla base della struttura "è di accogliere per tre mesi, nei posti di pronta accoglienza e attivazione, i ragazzi che verranno attivati in una serie di atelier, colloqui individuali, collettivi e terapeutici, con l'obiettivo di reinserirli in un percorso di minor tensione, rabbia e conflitto con la società e con gli altri". Questo in modo "da iniziare a riprovare ad attivare un percorso a casa, in un appartamento protetto o in un centro educativo aperto". Inoltre, alla "Clessidra", ci sarà la possibilità "di scontare delle pene di corta durata" e "verranno accolti anche i giovani che normalmente rifiutano degli aiuti". Un luogo in cui gli operatori "cercheranno di convincere questi ragazzi dell'importanza di poter essere aiutati, così da avere una seconda possibilità nella vita". Anche perché il rischio, aggiunge Galli, "è quello di perderli". Da qui il lavoro educativo che sarà "proporzionale alla situazione di disagio degli utenti, ma sarà svolto anche con le famiglie in modo che i genitori possano avere un atteggiamento corretto nei confronti dei propri figli".