
Tra i corridoi dell'USI il caso creatosi attorno al corso di Scienze della comunicazione "Metodi qualitativi della comunicazione" continua a far discutere. Insegnato fino all'anno scorso in italiano, verrà ora impartito in inglese, una decisione che non è andata giù a un gruppo di studenti, sostenuti dal SISA.
Un bisticcio accademico sfociato sui media, con modalità che non sono però piaciute a tutti gli allievi dell'ateneo. Uno studente della stessa facoltà ha infatti voluto dire la sua, a esclusivo titolo personale: "Esprimo lo sconcerto di tutti gli studenti universitari, compagni e non, che vivono la propria esistenza scolastica (e non) secondo principi di giustizia, rispetto e volontà nell’affrontare e superare ogni avversità che la vita ci pone davanti. Credo profondamente nel lavoro sodo e nei compromessi, poiché laddove vi siano problemi, con la Comunicazione è possibile trovare sempre un punto di incontro tra le parti."
L'autore della corposa presa di posizione è Alex Lanfranconi, che spiega la sua versione dei fatti: "Quanto accaduto presso la nostra Università si è risolto nello stesso istante in cui il messaggio è stato letto dal Decanato, ergo, seppure la comunicazione riguardante lo svolgimento del corso in inglese sia stata pervenuta a fine estate – fattore per cui il Decano della facoltà si è pubblicamente scusato con gli studenti – il compromesso da parte dell’Università è avvenuto, fornendo indiscriminatamente i mezzi necessari per poter permettere di superare il corso a tutti gli studenti coinvolti."
Secondo lo studente di Scienze della Comunicazione, l'USI avrebbe fornito mezzi che non sono nemmeno stati sfruttati: "Tali mezzi si traducono nella possibilità di fare l’esame in lingua materna, in una traduzione in corso del materiale di studio e soprattutto con la possibilità di organizzare incontri personali in ogni momento con l’Assistente del corso, pertanto di lingua italofona. Questo ultimo mezzo, che date le presunte difficoltà dei compagni avrebbe dovuto essere 'affollatissimo', non è mai stato usato. L’assistente non ha mai ricevuto nessuna richiesta di appuntamento, eppure il putiferio è esploso in seno al corpo studentesco, coinvolgendo addirittura i mass-media regionali."
Per il 23enne, "una buona dose di impegno personale va messo da conto. E trovo che questa rappresenta la nostra parte del compromesso, scontata per i più." Anche lo studente ticinese risulta tra i firmatari della petizione, "poiché pur non avendo problemi nell’affrontare un corso in lingua inglese" ha deciso "come la grandissima maggioranza dei firmatari, di aderire per solidarietà verso coloro che hanno difficoltà. Questa solidarietà, che si traduce in fiducia, è stata però strumentalizzata e quindi tradita."
La petizione, "innocua e legittima, si è trasformata in una sorta di crociata personale per difendere dei diritti (omettendo chiaramente i doveri da studenti), grazie all’intervento di genitori, sindacati e media." Un atteggiamento che l'universitario non esita a definire "sconcertante": "L’incapacità di risolvere un problema comunicativo, tra noi studenti di scienze della comunicazione, è a dir poco degno di biasimo. (...) Il buon nome dell’USI, che con fatica ed impegno cerca di risalire la sommità del panorama universitario elvetico ed internazionale, si vede colpire da attacchi mediatici provenienti dall’interno dell’Ateneo. Non solo la nostra reputazione come seri studenti universitari viene messa in discussione, ma soprattutto questa situazione mal gestita intacca la carriera e la professionalità di una professoressa giovane, seria e disponibile, che si è ritrovata all’improvviso attaccata da studenti e media."
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