
Quasi tre milioni di persone muoiono ogni anno a causa di infortuni e malattie professionali, per un aumento di oltre il 12% rispetto al 2000. È l'allerta lanciata ieri dall'Organizzazione internazionale del lavoro in occasione della Giornata mondiale per la sicurezza e la salute sul lavoro. In Svizzera i numeri sono più contenuti, ma c'è comunque ancora molto da fare. "In 20 anni ho visto dei cambiamenti davvero molto interessanti e che fanno ben sperare", spiega a Ticinonews Nicola Skory, esperto della SUVA. "Parlando solo del settore della costruzione, siamo passati da circa 400 casi ogni 1'000 occupati a tempo pieno, a meno di 160. È un bel risultato. Quando ho cominciato il problema era che non si trovavano i ponteggi, mentre oggi ci sono. Sicuramente abbiamo assistito a dei cambiamenti molto importanti che hanno migliorato la situazione, ma, come detto, c'è ancora tanto da fare”.
In che direzione bisogna lavorare?
“Secondo me occorre avere coerenza ed essere conseguenti nel rispetto delle regole vitali che la SUVA, in accordo con i partner sociali, ha sviluppato negli anni. Queste concorrono a ridurre gli infortuni che mediamente causano circa l'80% dei decessi e dei ferimenti gravi. Tali regole vitali rappresentano proprio quelle situazioni cardine che, se risolte, consentono di ridurre il rischio di avere un infortunio. È una questione di abitudine, di essere consapevoli che lo faccio per me e per la mia famiglia, e qui entra in gioco anche la cultura della sicurezza e della tutela della salute. In azienda, ma anche nelle nostre vite di tutti i giorni: vivere in modo più sano e consapevole".
Voi lavorate su tutti i livelli: dal lavoratore, che è spesso colui che incorre nell'infortunio, alla dirigenza di un'azienda. Come intervenite?
"Il primo referente è il datore di lavoro, che è legalmente il responsabile della sicurezza e della salute nell'ambito dell'attività commerciale e aziendale. Effettuiamo però anche dei controlli puntuali sui posti di lavoro. Io mi occupo del settore della costruzione, quindi mi reco a fare delle ispezioni nei cantieri, e in quel momento io ho contatto con operai, collaboratori, capi cantiere, muratori e carpentieri. La parte operativa dell'azienda. E qui secondo me entra in gioco proprio l'importanza che si dà alla persona. Le basi legali che devono essere rispettate ci sono, però alla fine chi mette in pratica queste regole sono delle persone, e se noi non riusciamo a far passare il messaggio con la gente, faremo molta fatica a raggiungere i nostri obiettivi, ovvero ridurre ulteriormente la frequenza degli infortuni, le sofferenze e le malattie professionali. Ci vogliono coerenza e costanza”.
Quali sono le situazioni più delicate in cui si rischia di incorrere in un infortunio o in una malattia professionale? Ci sono sicuramente dei settori più a rischio di altri...
“Il settore delle costruzioni, assieme all'ambito industriale e alla manutenzione, sono normalmente quelli in cui i rischi sono più elevati. Aggiungo anche i selvicoltori, quindi i boscaioli. Il settore principale della costruzione abbraccia una panoplia molto ampia di professioni: si va dal muratore al carpentiere, al gessatore, al pittore. E non dimentichiamo gli elettricisti; per quanto concerne l'amianto, potrebbero essere i più esposti perché hanno a che fare con impianti elettrici che una volta venivano isolati appunto con lastre di amianto. Tutto questo non significa che l'ambito costruzione è meno interessante. Se io conosco i pericoli, conosco anche le misure di sicurezza e sono ragionevolmente sicuro”.
Anche perché le regole ci sono. L'importante è essere in grado di rispettarle e non cadere forse in quella routine che ci fa abbassare un po' la guardia.
“Esatto. Sottovalutare il pericolo a cui sono confrontato è la fase peggiore, che mi porta a rischiare di più. Se io sono consapevole che sul mio posto di lavoro ci sono delle insidie tali per cui può succedere qualcosa di davvero brutto, agisco magari in modo più consapevole e proteggo me stesso e i miei colleghi”.
In occasione di questa giornata, come SUVA lanciate un messaggio, che è quello di lavorare sulla cultura della prevenzione
“Si, fino ad oggi si cercava di lavorare dicendo ‘se non fai così ci sono delle conseguenze’, e questo è il livello a cui ancora oggi si trova la maggior parte delle persone. Vogliamo però pensare al futuro cambiando la mentalità del singolo, dei datori di lavoro, di tutti, facendo in modo che, almeno sul posto di lavoro, la gente sia più consapevole dell'importanza di proteggersi, di rispettare le regole di sicurezza, per se stessi e per i colleghi. Bisogna percepire veramente il fatto di stare lavorando in modo sicuro come se fosse una cosa normale. Oggi purtroppo non sempre è così; è più semplice commettere certe sciocchezze perché ‘non è così grave’. E invece è proprio in quel momento in cui si banalizza che può magari capitare qualcosa che non dovrebbe succedere”.
L'intervista a Nicola Skory: